Giorni fa l’associazione dei Popolari presieduta da Pierluigi Castagnetti – costituita in coincidenza con la confluenza del Partito popolare nella Margherita prima e nel PD poi – si è raccolta a convegno per interrogarsi sul contributo che la cultura politica della quale essa è espressione possa dare su questioni cruciali come la democrazia, le politiche familiari e sociali, l’Europa, la pace e la guerra. Un convegno cui ha partecipato la segretaria del PD, la quale ha avuto modo di rassicurare circa il carattere pluralistico del PD e, segnatamente, sulla sua convinzione che la cultura politica cattolico-democratica rappresenti un elemento essenziale e fondativo del partito. Un chiarimento utile a fugare la preoccupazione dei Popolari. Non un riconoscimento rituale e di circostanza se si considera che la più parte dei Popolari lì convenuti, nelle primarie PD, aveva sostenuto Bonaccini e che, ancor prima, aveva paventato un mutamento del profilo identitario del partito che facesse segnare la mortificazione di quella sensibilità politico-culturale nel quadro appunto di un vulnus inferto al suo genetico carattere pluralistico. Una preoccupazione che prese corpo all’avvio delle primarie nel comitato istituito per aggiornare il manifesto dei valori del PD e che si è riproposta all’atto della formazione degli organigrammi varati dalla nuova segreteria. Il clima positivo del suddetto convegno e le reciproche rassicurazioni rappresentano una buona notizia per il PD. Virtualmente un reciproco arricchimento. Su entrambi i fronti. E’ buona cosa che la Schlein sia aiutata su due punti cruciali da chi, come i Popolari, vanta da un lato l’ancoraggio a un pensiero politico di lunga durata e dall’altro una “cultura di partito”. La Schlein è troppo avveduta per non apprezzare tali risorse, ma sa di essere sospettata di una inclinazione movimentista, di una estraneità (anche per ragioni anagrafiche) alle tradizioni politiche di più antica matrice, di uno slittamento verso la dilagante personalizzazione della politica, di un istinto a privilegiare la battaglia per i diritti civili a discapito dei diritti sociali. Profili, sia chiaro, che, se ben interpretati e governati, rappresentano la ragione del vento nuovo che la Schlein ha intercettato, nonché della sua presa su un elettorato giovanile e femminile. Ma che a loro volta scontano limiti.

Merita tuttavia considerare anche l’altra faccia della medaglia. Ovvero lo scatto richiesto ai Popolari. La più parte dei quali ex Dc e, forse per questo, talvolta inclini ad autorappresentarsi come intestatari della posizione dei cattolici. In verità, lo stesso fondatore Martinazzoli, con il cambio del nome da Dc a Ppi, avvalorò la preziosa lezione di Sturzo, che mai pretese di rappresentare i cattolici tutti. Si trattava e si tratta di un mix di umiltà e di ambizione. Umiltà nel mostrarsi consapevoli di un legittimo e fisiologico pluralismo politico tra i cattolici. Ambizione di dare corpo a una proposta politica consapevolmente di parte che piuttosto si facesse apprezzare per il suo autonomo valore genuinamente politico e che laicamente si declinasse proprio su questioni programmatiche quali quelle tematizzate nel convegno: economia, società, istituzioni, politica estera. Misurandosi da presso su di esse sarebbe agevole constatare che si rinvengono opinioni diverse non solo tra i cattolici in senso lato, non solo tra cattolici democratici (a loro volta soggetto plurale, che non si esaurisce nei Popolari), ma persino dentro la medesima associazione dei Popolari. Come mi pare si sia riscontrato nel menzionato incontro romano. Su guerra, visione dell’economia, assetto istituzionale. Una naturale articolazione di posizioni che sarebbe riduttivo e forzoso comprimere entro una corrente di partito. Qualcosa di più e qualcosa di meno, che nel più largo perimetro del PD si può ragionevolmente distribuire tra diversi gruppi organizzati. E che mi pare sarebbe improprio inscrivere sotto le incerte cifre del centrismo o, peggio, del moderatismo. Quasi che a connotarne l’identità fosse l’opposizione alla sinistra interna ed esterna al PD. Di più, se si va alla sostanza delle questioni di merito, semmai più problematica si rivela la convergenza, per esempio, con le posizioni di chi, pur di estrazione Pci-Ds, su temi cruciali come la politica estera, la politica economica e il modello istituzionale si attesta rispettivamente su posizioni ultra-atlantiste, liberiste o presidenzialiste. Penso per esempio agli ex veltroniani che fanno capo all’associazione “Libertà Eguale”. Il che ci conferma nell’inadeguatezza di taluni schematismi. Verrebbe da osservare che, sotto certi profili tutt’altro che marginali, i cattolici democratici pur, insisto, di vario conio, si attestano su posizioni più di sinistra di taluni eredi di partiti che nel passato si situavano in quel campo.

 

 

  • Franco Monaco

    Pubblicista, già presidente dell’associazione «Città dell’uomo» e parlamentare della Repubblica; fa parte del gruppo di coordinamento della rivista web Appunti di cultura e politica.