Si torna a parlare in pubblico di cattolicesimo democratico e questo ci stimola a una messa a punto, considerata la circostanza che la nostra testata ne fa la sua stessa ragione sociale ispiratrice.

L’espressione “cattolicesimo democratico” è abusata e spesso fraintesa. Dunque, non è operazione inutile provare a circoscriverne e a metterne meglio a fuoco il nucleo concettuale. Con quattro premesse: 1) trattasi di categoria storiografica e politica da tempo consolidata; 2) essa designa una parte e non il tutto del cattolicesimo politico, cioè delle varie, molteplici varianti delle forme assunte in passato e al presente dall’impegno politico dei cattolici; 3) a sua volta può e deve essere declinata al plurale, in quanto lo stesso “cattolicesimo democratico” conosce più articolazioni; 4) non è locuzione suscettibile di essere intesa come presuntuosa ed esclusivista, quasi che ciò che non è ascrivibile al cattolicesimo democratico in senso proprio fosse da considerare come non democratico. 

Senza la pretesa di detenerne il copyright, ci permettiamo di offrire al dibattito una nostra opinione circa il modo di intendere il cattolicesimo democratico in senso stretto.

Cattolicesimo è evidentemente categoria religiosa che, a sua volta, chiama in causa la teologia. Per i cattolici democratici il cristianesimo, prima ancora del cattolicesimo, è germe e fattore di liberazione e di elevazione sociale. Una visione di cui si rinviene traccia nell’insegnamento sociale della Chiesa e che certo si discosta da certo moderatismo, tantopiù alla luce del magistero di Papa Francesco su pace, economia, migranti.

La relativa (mai assoluta) unità politica dei cattolici, ancorché, in Italia, operante a lungo (circa mezzo secolo) intorno alla Dc per ragioni legate alle circostanze storiche e dunque motivata da ragioni di natura concreta e prudenziale, non è prescritta in punto di principio. Essa, per la teologia e lo stesso magistero della Chiesa, è una eccezione e non la regola. Non di necessità da una medesima fede sortisce una e una sola opzione e militanza politica. Lo stesso Sturzo, padre nobile del popolarismo dopo il “non expedit”, ammoniva: la religione è il regno dell’universalità, la politica è il regno della parzialità. 

Nella lunga vicenda democristiana, il cattolicesimo democratico in senso proprio fu talvolta maggioritario, più spesso in minoranza, talvolta minoritario e tuttavia trainante. È, in parte, il caso di De Gasperi integrato da Dossetti; di sicuro è il caso della visione e della leadership di Moro. 

I tratti principali del cattolicesimo democratico così inteso sono essenzialmente due. Primo: nel fondamento e nel metodo, l’autonomia/laicità della politica e delle istituzioni, che lo distinguono dalle espressioni del cattolicesimo politico venate di integrismo, clericalismo, del cristianesimo inteso impropriamente come religione civile. Con due corollari: a) la consapevolezza della propria parzialità come di chi mette in conto di non pretendere la rappresentanza dell’intero universo cattolico; b) la positiva collaborazione con i “laici” (non credenti o diversamente credenti) o, per dirla con formula giovannea, con gli uomini di buona volontà con i quali si converge sull’autonomo piano politico. Secondo tratto: l’orientamento, appunto politico e programmatico, teso a una “democrazia sostanziale” ove il portato della liberal-democrazia (Stato di diritto, separazione dei poteri, check and balances) è integrato e arricchito con la tensione all’uguaglianza e alla partecipazione. Assumendo quale stella polare il principio dell’uguaglianza ex art. 3 della Costituzione, nell’attivo impegno della Repubblica a rimuovere gli ostacoli che ne inibiscono l’effettività e, di riflesso, l’idea di un sistema fiscale progressivo e di un welfare universalistico. E scommettendo sulla partecipazione, cioè con il proposito di fare dei cittadini gli attori protagonisti della propria elevazione e del proprio destino collettivo. Dunque un modello politico opposto ai totalitarismi di vario conio, nonché al liberismo e al vieto conservatorismo. Uguaglianza e partecipazione che spiegano l’orientamento naturaliter di centrosinistra del cattolicesimo democratico.

Per sua natura, esso attinge e si alimenta a tutte le espressioni della cittadinanza attiva e al ricco e articolato tessuto delle formazioni sociali, adoperandosi affinché il potere politico stabilisca con esse un positivo confronto-dialogo-cooperazione. Come si conviene a chi coltiva una visione non monistica ma pluralistica della società e dello Stato. Così pure esso (cattolicesimo democratico) si ispira a una concezione non assoluta della sovranità nazionale e statuale, ma, all’opposto, a una sovranità partecipata e condivisa verso il basso (la società) e verso l’alto (la Ue e le istituzioni internazionali). Con il ripudio della guerra e la cessione di sovranità alle organizzazioni impegnate per assicurare pace e giustizia internazionale ex art. 11 Cost.

In estrema sintesi i cattolici democratici italiani si riconoscono nell’ispirazione e nei principi fondamentali della Costituzione vigente, nonché nella forma di governo rappresentativa parlamentare. Una forma decisamente diversa e opposta a ogni soluzione ispirata alla verticalizzazione/concentrazione del potere che inesorabilmente mortifica la rappresentanza e il pluralismo sociale caro alla tradizione cattolica tutta. Una Costituzione intesa certo come la Legge fondamentale in cui tutte le parti di cui si compone la comunità politica trovano garanzia, ma anche nella sua valenza progettuale, come inveramento del profilo di Stato democratico e sociale con il quale i costituenti intesero marcare una chiara discontinuità non solo, naturalmente, rispetto all’immediato passato fascista, ma anche rispetto alle angustie e al carattere elitario-oligarchico del precedente Stato liberale. Trattasi, ripetiamo, della differenza rappresentata dalla “democrazia sostanziale”, vera stella polare del cattolicesimo democratico.

(Foto: commons.wikimedia.org)

  • Franco Monaco

    Pubblicista, già presidente dell’associazione «Città dell’uomo» e parlamentare della Repubblica; fa parte del gruppo di coordinamento della rivista web Appunti di cultura e politica.