Per dare una valutazione e determinare il proprio comportamento nel prossimo referendum sulla proposta Nordio sarebbe bene partire dal testo della norma che l’elettore sarà chiamato a valutare.
Non separazione carriere: indebolimento del Csm
La separazione delle carriere che viene “spacciata” come punto fondamentale del referendum in realtà è un punto del tutto secondario. Difatti già oggi vi sono norme estremamente rigide che limitano ad uno il passaggio possibile dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa (tra l’altro sempre in distretti o regioni diverse) e i passaggi sono oggi irrilevanti (poco più di dieci in un anno). Inoltre, quanto va affrontato è il quadro complessivo che si costruisce, senza mai dimenticare che si tratta di norme costituzionali che regoleranno il nostro sistema giudiziario per i prossimi 50 anni.
I tre punti fondamentali del disegno di legge costituzionale Nordio sono altri: il fortissimo indebolimento del Consiglio superiore della magistratura (Csm), condannato all’irrilevanza, in quanto diviso in tre altri organi (due Csm e l’Alta Corte disciplinare) e privo di autorevolezza in quanto nominato, quanto alla componente togata, per sorteggio; il sorteggio, primo caso in un organo costituzionale ove i rappresentati non verrebbero più eletti, ma scelti dalla sorte in omaggio alla malintesa idea che uno vale uno; la creazione di un’Alta Corte disciplinare con l’idea di superare un inesistente lassismo e di governare la magistratura attraverso lo spauracchio disciplinare.
È profondamente sbagliato parlare di referendum sulla giustizia ed è disonesta la propaganda che sostiene che in questo modo si risolverebbero i problemi, sicuramente esistenti, della giustizia, che invece non vengono toccati, anzi peggiorati.
La realtà è che quanto si vuole è un nuovo equilibrio dei poteri rafforzando l’esecutivo ai danni del giudiziario.
Meno autorevolezza del Csm, più potere ai pubblici ministeri
Basti pensare che il Csm pensato dai costituenti voleva essere il principale presidio a difesa dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati. Un Csm non più unitario e con membri sorteggiati perderebbe forza e autorevolezza e di conseguenza indebolirebbe l’autonomia e l’indipendenza di ogni magistrato. Avremo organi deboli, con una presenza di nominati da parte del parlamento molto più forte e compatta (in quanto sorteggiati in un listino predeterminato dal parlamento) e sostanzialmente autoreferenziale. La conseguenza sarà un drastico peggioramento dell’efficienza rompendo ogni rapporto tra uffici requirenti e giudicanti, quando per un buon prodotto giudiziario viene ad essere fondamentale l’interrelazione tra i diversi uffici e la collaborazione tra uffici giudicanti e requirenti, come tra primo e secondo grado. La cessazione della necessaria unità organizzativa porta inevitabilmente a dare maggiore potere al Pubblico ministero, semplicemente per il fatto che sono le Procure a monte che esercitano l’azione penale e determinano i flussi di lavoro che gli uffici giudicanti si trovano ad affrontare. Oggi questi rapporti venivano affrontati e cercavano una soluzione nel Csm unico, con direttive, protocolli, accordi. Domani le procure saranno del tutto autoreferenziali e molto più potenti, suscettibili di essere vittime di una quasi inevitabile bulimia accusatoria con la tendenza a moltiplicare i procedimenti e ad ottenere condanne a qualsiasi costo. Con un forte prezzo per l’efficienza del servizio e per i diritti dei cittadini.
Governare il sistema con la disciplina?
Anche l’idea di governare la magistratura con lo strumento disciplinare è molto pericolosa. Va premesso che l’attuale sezione disciplinare è tutt’altro che lassista. Abbiamo una media di 120 azioni disciplinari l’anno e di circa 40 condanne. Non vi è nessun’altra categoria di professionisti o nessun altro Paese d’Europa in cui vi sia un intervento disciplinare sui magistrati così ampio e diffuso. Estenderlo creando un organo specifico (non si capisce perchè limitato alla magistratura ordinaria e non alle altre magistrature) vuol dire semplicemente pensare di porre il disciplinare non più come una necessaria patologia, ma come un fisiologico strumento di governo. La conseguenza facilmente prevedibile sarà la giustizia difensiva, ovvero l’incoraggiamento ad avere le carte burocraticamente a posto, a scegliere le soluzioni più facili e meno rischiose, a dare ragione alle parti forti. Una conseguenza che è all’opposto di dare giustizia.
L’effetto di questa riforma Nordio, se approvato, sarà altresì di impedire qualsiasi seria riforma della giustizia, che pur sarebbe estremamente necessaria per ridurre i tempi ed elevare la qualità, in quanto per anni gli unici enormi problemi che avremo nel settore saranno dettati dalle leggi attuative della riforma costituzionale.
In compenso la propaganda referendaria per il Sì punta su tenere un referendum sulla magistratura, con il risultato di gettare discredito e far perdere fiducia in quella che comunque è una funzione fondamentale dello Stato.
Al di là della propaganda va detto con chiarezza che la riforma Nordio non ha alcun impatto (se non peggiorativo) sugli errori giudiziari, su casi controversi come il c.d. caso Garlasco. Il fatto che vengano evocati tradisce la reale intenzione dei promotori della norma e dei referendum: indebolire l’azione giudiziaria, con la prospettiva di renderla succube del potere politico.
(Foto di Gaétan Marceau Caron su Unsplash)

