Il bel discorso tenuto al Senato il 13 ottobre 2022 dalla senatrice a vita Liliana Segre in occasione della prima seduta della XIX legislatura è stato pubblicato da Einaudi in un denso libretto che merita qualche riflessione. A partire dal titolo, che valorizza un passaggio di quel vibrante intervento: la “stella polare” evocata dalla testimone e vittima della persecuzione nazista nei confronti dei cittadini italiani di nascita ebraica è specificamente riferita al secondo comma dell’art. 3 della Costituzione, ma diventa l’immagine della Carta che continua a rappresentare – più di ogni altro simbolo della Repubblica – il netto rifiuto dei valori e della cultura fascista.

Il libro è stato curato dalla saggista Daniela Padoan, che in reportage, documentari e libri ha costantemente portato l’attenzione sulla Shoah, sul razzismo e sulle persecuzioni anche recenti, come quella dei desaparecidos in Argentina. La sua riflessione – intitolata La vertigine – segue il discorso di Liliana Segre, e allarga la visuale, ripercorrendo alcuni tragici passaggi del ventennio di dittatura e della scellerata storia europea di quei decenni, e richiamando tanti testimoni – Gaetano Salvemini, Primo Levi, Hanna Arendt, Imre Kertész, Ferruccio Parri e soprattutto Piero Calamandrei – il cui monito ha contribuito a comprendere la nefandezza di quei passaggi.

L’apertura della giornalista del Corriere della Sera Alessia Restelli ripercorre l’esistenza della senatrice, valorizzando il suo impegno nella precedente legislatura, durante la quale è riuscita a condurre la Commissione parlamentare, appositamente istituita per indagare i fenomeni dell’intolleranza, del razzismo, dell’antisemitismo e dell’istigazione all’odio e alla violenza, all’approvazione di un documento finale, che è stato votato all’unanimità il 22 giugno 2022. Ma la stessa Liliana Segre aggiunge alcuni pensieri introduttivi, esprimendo quasi meraviglia per il largo apprezzamento che il suo discorso di inaugurazione della legislatura ha raccolto. In questi pensieri ricostruisce i propri intenti, che collega strettamente all’immagine del Paese che l’esito delle elezioni del 2022 ha messo in evidenza: i segnali di disaffezione e di divisione l’hanno indotta a richiamare tutti ai “capisaldi che uniscono il nostro popolo”. E tra tali capisaldi ha valorizzato primariamente la Costituzione, che assurge a “deposito di saggezza” e “programma modernissimo”; ma accanto ad essa anche le ricorrenze civili, il contrasto al linguaggio dell’odio ed infine la difesa di tutte le istituzioni, ed in particolare il Parlamento. Diffondendo così dei convincimenti, se non addirittura un’intelligenza, che hanno brillato per il loro spessore benché l’Autrice rifugga da qualsiasi forma di compiacimento, liquidando la sua orazione davanti al nuovo Senato come una semplice manifestazione di “buon senso”: quel buon senso che – richiamando Alessandro Manzoni – di fatto è presente e diffuso, ma che “se ne sta nascosto per paura del senso comune”.

Quella di Liliana Segre è una vera e propria lezione di diritto costituzionale, con saldi e selezionati riferimenti storici rispetto ai quali la Costituzione si pone in antitesi, in guisa di strumento di guida di un cammino in direzione esattamente opposta: il discorso muove da circostanze storiche drammatiche quali l’inizio della dittatura fascista, la lotta di tanti eroici oppositori del regime autoritario a partire da Giacomo Matteotti, le leggi antisemite del 1938. Le ferite lasciate da tali eventi sono alla base della nascita di quella Repubblica che la senatrice qualifica “grande democrazia matura”: Repubblica che si identifica in un testo costituzionale, il cui nucleo più autentico e originale è l’obiettivo della rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale – quel secondo comma dell’art. 3 – che, in quanto “stella polare” di un popolo chiamato a sentirsi unito nonostante le tante differenze, trasferisce sulla stessa Carta fondamentale la qualità di “astro”, che funge da punto di riferimento e fonte delle coordinate su cui, in qualsiasi epoca, deve fondarsi la convivenza civile. Quella di due “stelle polari” era già stata, del resto, anche la felice intuizione di Giuseppe Lazzati negli anni Ottanta: l’identificazione della Costituzione nella “stella polare”, al pari del Concilio ecumenico vaticano, era volta a sollecitare i cattolici di quarant’anni fa ad assumere i valori civili e quelli della dottrina della Chiesa come irrinunciabili punti cardinali di orientamento.

L’enfasi sul ruolo di guida di una stella come la Costituzione si spiega in ragione della preoccupazione che la senatrice esprime con riferimento ad ogni manifestazione di divisione: quella che vede le parti politiche contrapporsi rispetto alle festività civili – 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno – che non possono che essere patrimonio di tutti e dunque ricorrenze condivise; e quella che vede in un dibattito pubblico ormai imbarbarito e settario, infarcito di violenza e pregiudizi. Solo il riconoscersi da parte di tutti nei valori della Costituzione può dare fondamento all’unità, che Liliana Segre invoca: configurando tale unità come un obbligo a cui siamo tenuti per rispetto e per gratitudine ai “centomila morti caduti nella lunga lotta per la libertà”.

La sopravvissuta alla tragedia di Auschwitz non dimostra però l’ingenuità di credere che quella Costituzione elaborata per reazione al soffocante contesto del fascismo sia stata data una volta per tutte, nel senso di non tollerare aggiunte e modifiche: al contrario, il suo discorso non ignora la questione della revisione, e in alcun modo la esclude, ma propone di profondere un impegno pari a quello che finora è stato dedicato a revisioni – non sempre di vera qualità – all’attuazione di quanto il testo costituzionale richiede. E tra le prime richieste ambiziose e sfidanti non può che esserci l’eguaglianza sostanziale dell’art. 3, che in buona misura ha trovato attuazione, ma che per molti aspetti deve ancora essere tradotta in azioni e misure che diano a tutti pari opportunità, e che permettano di dare pienezza di senso alla “pari dignità sociale” di ciascuna persona.

La conclusione delle riflessioni della senatrice è tutta dedicata al Parlamento. La rigenerazione di tale istituzione non può che passare dal recupero di valori quali l’unità di intenti e la sana e leale collaborazione tra parti politiche che si debbono rispettare reciprocamente, e che devono indirizzare il loro lavoro verso la conquista di quel modello di società che la Costituzione ha disegnato e che mai come a seguito dei tragici eventi dell’emergenza sanitaria e di un nuovo conflitto europeo ci appare da perseguire e da edificare. Troppe sono infatti le persone in difficoltà ed in emarginazione e solo un solido lavoro delle istituzioni può creare per tutti scenari di elevazione.

Il merito dell’intervento parlamentare della senatrice, e del libro che ne è stato tratto, è di avere colto l’occasione per attribuire alla Costituzione la necessaria centralità nel dibattito pubblico. I messaggi che ci ha lasciato sono sicuramente di “buon senso” – come da lei spiegato con la sua usuale modestia – ma, soprattutto, di autentico senso civico: sempre preziosi per trarci fuori da quel senso comune che nasconde troppo spesso la fede laica che la Costituzione deve continuare a rappresentare per l’intera comunità nazionale.

 

 

  • Camilla Buzzacchi

    Ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all'Università degli Studi di Milano Bicocca.