“Custodire voci e volti umani”. È questo il tema scelto da papa Leone XIV per la 60.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che si celebrerà il prossimo 17 maggio 2026. Come riportato nel comunicato del Dicastero per la Comunicazione, diffuso il 29 settembre, “il genere umano ha oggi possibilità impensabili solo pochi anni fa. Ma sebbene questi strumenti offrano efficienza e ampia portata, non possono sostituire le capacità unicamente umane di empatia, etica e responsabilità morale. La comunicazione pubblica richiede giudizio umano, non solo schemi di dati. La sfida è garantire che sia l’umanità a restare l’agente guida. Il futuro della comunicazione deve assicurare che le macchine siano strumenti al servizio e al collegamento della vita umana, e non forze che erodono la voce umana”.

A fronte di “grandi opportunità, allo stesso tempo i rischi sono reali. Un’eccessiva dipendenza dall’IA indebolisce il pensiero critico e le capacità creative, mentre il controllo monopolistico di questi sistemi solleva preoccupazioni circa la centralizzazione del potere e le disuguaglianze”. Ecco la necessità “sempre più urgente di introdurre nei sistemi educativi l’alfabetizzazione mediatica, alla quale si aggiunge anche l’alfabetizzazione nel campo di IA («MAIL» ovvero Media and Artificial Intelligence Literacy). Come cattolici possiamo e dobbiamo dare il nostro contributo, affinché le persone – soprattutto i giovani – acquisiscano la capacità di pensiero critico e crescano nella libertà dello spirito”.

Previsione e decisione: questioni delicate

Delegare decisioni ai sistemi di intelligenza artificiale (IA) è ormai una pratica concreta, spesso addirittura abituale, nella vita quotidiana. Tuttavia, questa abitudine solleva interrogativi cruciali: stiamo oltrepassando un confine tra reale e artificiale, tra libertà e dipendenza? E se smettiamo di esercitare il pensiero critico, rischiamo forse di ridurci a un ruolo passivo di fronte alle macchine?

La novità dei sistemi di automazione intelligente consiste nella possibilità di affidare loro non soltanto compiti complessi ma prevedibili, bensì anche attività che richiedono capacità di previsione in situazioni incerte, grazie all’elaborazione autonoma dei dati di contesto. Questa nuova “capacità cognitiva” delle macchine amplia enormemente gli ambiti di applicazione dell’IA, includendo anche attività non routinarie che, fino a poco tempo fa, sembravano prerogativa esclusiva dell’intelligenza umana.

Ma resta una differenza fondamentale. I sistemi di IA operano attraverso procedure di calcolo probabilistico, secondo logiche statistiche, strumentali e deduttive. L’intelligenza umana, invece, è relazionale e consapevole dei propri stati interiori: possiede una soggettività morale e la capacità di agire in modo intenzionale e deliberato, orientata da una volontà e da uno scopo (agency). Attribuire agency a un sistema computazionale è un errore concettuale, poiché solo chi ha agency può anche essere ritenuto responsabile. Questo vale per l’uomo, non per la macchina.

Compiacenza eccessiva verso l’automazione

L’affidamento passivo alle macchine rivela il conflitto tra una visione del mondo guidata dall’IA e una prospettiva umanocentrica, fondata su atti liberi e responsabili. Se da un lato i sistemi artificiali offrono vantaggi indiscutibili, dall’altro si rischia di scivolare in una “compiacenza verso l’automazione” (automation complacency), ossia un atteggiamento di eccessiva fiducia che porta a sottovalutare i rischi. Ne consegue un circolo vizioso: meno esercitiamo il pensiero critico, più lasciamo che la macchina decida al nostro posto.

Così si arriva a una rinuncia consapevole che cede al calcolo algoritmico non solo il “che cosa fare” e il “come farlo”, ma persino il “perché farlo”. E proprio quel “perché” rimanda alla responsabilità, al senso, al fine ultimo che un algoritmo riduce a semplice output privo di coscienza. L’uomo diventa spettatore, lasciando che un calcolo silenzioso ed efficiente governi una parte sempre più ampia della sua vita. Il filosofo Vito Mancuso avverte: “ne va della nostra spiritualità, intesa come libertà di pensiero, che deve restare critica e orientata non tanto al problem solving, quanto al problem posing, ossia alla capacità filosofica di sollevare nuove domande”.

Cooperazione e non subordinazione

Tutto ciò significa forse invocare un ritorno al luddismo? Assolutamente no. Piuttosto, emerge l’urgenza di una cooperazione con l’IA, non di una subordinazione, per evitare che le macchine diventino i nuovi dominatori. L’obiettivo è costruire un equilibrio tra dimensione umana e dimensione artificiale, evitando esclusioni reciproche e promuovendo un rapporto di fiducia accompagnato da prudenza. L’IA, ad esempio, può analizzare milioni di dati clinici e suggerire terapie più efficaci, ma soltanto il medico, con la sua competenza e la sua empatia, può instaurare una vera relazione di cura con il paziente. Allo stesso modo, l’IA può elaborare modelli economici sofisticati, ma è la comunità politica e sociale a dare significato e direzione a quelle scelte.

Questa cooperazione richiede di riconoscere che non conta soltanto la potenza computazionale, per quanto utile, ma il coinvolgimento responsabile e critico del pensiero umano. In quest’ottica, la collaborazione uomo-macchina non limita l’innovazione tecnologica: al contrario, rappresenta una straordinaria opportunità per sviluppare sistemi di IA a misura d’uomo.

Come ha ribadito Papa Leone XIV nel Messaggio ai partecipanti alla seconda Conferenza annuale su IA, etica e governance d’impresa: “la vera saggezza ha più a che vedere con il riconoscere il senso della vita che con la mera disponibilità di dati. Significa salvaguardare la dignità inviolabile di ogni persona e rispettare le ricchezze culturali, spirituali e la diversità dei popoli del mondo. In sostanza, occorre valutare i benefici e i rischi dell’intelligenza artificiale proprio alla luce di questo criterio etico superiore”.

(Foto di Nguyen Dang Hoang Nhu su Unsplash)

  • Lucio Romano

    Medico Chirurgo e docente di Bioetica. Componente Comitato Scientifico “Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica”. Senatore della Repubblica nella XVII Legislatura. https://lucioromano.it