Al momento della pubblicazione delle Nuove Indicazioni 2025 per la Scuola dell’infanzia e il Primo ciclo di istruzione, fece un certo scalpore la notizia dell’inserimento, tra le materie scolastiche, del Latino e della Bibbia. L’enfasi con la quale furono presentate queste novità ha stimolato anche la mia lettura delle 153 pagine del documento ministeriale, alla ricerca della effettiva loro collocazione all’interno dell’impianto disciplinare.
Ma, a parte il Latino, presentato con il suo profilo di disciplina, anche se facoltativo e limitato agli ultimi due anni della scuola secondaria di primo grado, la Bibbia è citata una sola volta, insieme con l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide, come esemplificazione di “grandi narrazioni”, finalizzate alla scoperta delle “radici della cultura occidentale”, nel programma di Storia del I anno della Scuola primaria. Peraltro, il documento suggerisce, tra parentesi, una “forma semplificata” di trattazione.
Tutto qui, verrebbe da dire. In realtà, oltre al genere e alla forma inevitabilmente riduttivi, è evidente la finalità ed è significativa la collocazione della Bibbia all’interno della Storia. Materia centrale dell’intero impianto, la Storia è concepita come “modello narrativo”, che “implica il carattere di implicito ammaestramento per l’azione” esaltato e definito dall’avvento del cristianesimo. Sicché, le radici della cultura occidentale sono radici cristiane.
In una scuola, concepita come luogo di costruzione dell’identità nazionale, la Storia è incaricata di raccontare che tale identità è cristiana perché occidentale e assume una valenza etica, perché “nella cultura dell’Occidente”, si accende e si consuma l’antico e ripetuto conflitto “tra il bene e il male variamente intesi”.
Questa annotazione sulla centralità del cristianesimo nella scuola del governo Meloni potrebbe indurre a pensare che le Indicazioni abbiano riservato la dovuta attenzione alla cultura religiosa. Ma non è così. Intanto, a me sembra che al cristianesimo così inteso, venga assegnato il ruolo di religione civile e che, nell’esaltarlo, non vi sia alcuna motivazione religiosa ma solo un interesse funzionale alla sua declinazione ideologica, cioè alla difesa e alla esaltazione della cultura dell’Occidente.
Quanto poi alle materie scolastiche, oltre all’insegnamento concordatario, non vi è alcun accenno al fattore religioso che, pur pervade l’intera vicenda culturale dei popoli. Ne sono dimostrazione i due esempi di modulo interdisciplinare nella scuola secondaria di primo grado, proposti per l’apprendimento di Lingua e Letteratura e del Latino. In quest’ultimo, è particolarmente rilevante l’assenza della Religione, essendo oggetto del modulo il mito, genere tipico della narrazione religiosa. A conclusione di questa breve nota, vorrei suggerire alla Commissione che ha elaborato le Indicazioni di acquisire maggiore conoscenza circa l’uso scolastico della Bibbia, attingendo alla pluriennale esperienza di Biblia, Associazione laica di cultura biblica.
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