Inquietante memoria
Nella notte tra il 17 e il 18 marzo 2025 Israele ha rotto la tregua per la trattativa con Hamas sugli ostaggi e ha ripreso con intensità aumentata i bombardamenti indiscriminati sulla Striscia di Gaza: quattrocento morti al primo colpo, tra cui più di cento bambini. La data della nuova offensiva irrompe nel tempo del Ramadan islamico, ad accentuare il carattere di guerra di religione per compiacere il fondamentalismo ebraico di governo, e l’ora della ripresa del massacro ha anche una spiegazione implicita: interrompe la scadenza in cui Netanyahu avrebbe dovuto presentarsi in tribunale a rispondere di corruzione: il massacro è anche un personale conflitto di interessi, ad accentuare il grado di cinismo di tutta l’operazione. Ma il mondo è inerte di fronte a quel che succede a Gaza e in Cisgiordania, a segnare uno sprofondamento della civiltà e in particolare dei “valori occidentali”. Nonché di quelli che deriviamo dalla “memoria della Shoà”. E questo peserà gravemente sul nostro futuro.
La sconfitta politica di Netanyahu
Il ministro dalla difesa di Netanyahu, Israel Katz, ha pubblicamente vantato a estrema minaccia per gli abitanti di Gaza di aver il pieno appoggio di Trump per il loro annientamento, a meno che non abbattano loro stessi Hamas che Israele con tutta la sua potenza distruttiva non è riuscita a debellare. O non decidano loro stessi di svuotare la Striscia devastata trasferendosi in altre parti del mondo a loro” libera scelta”. Ma la verità è che in passato la destra di Israele ha sostenuto Hamas per contrapporla all’Olp più propensa al compromesso e dividere i palestinesi. E questa simulazione che getta sulle vittime la responsabilità della sorte a cui Israele le destina è da un lato un ultimatum terroristico verso i palestinesi, dall’altro una rassicurazione per quella parte di Israele e del mondo ebraico che non aspetta che pretesti per non rendersi conto delle responsabilità di Israele.
Un segnale di speranza viene da una nuova mobilitazione in Israele, non più solo contro le minacce del governo alla democrazia interna al paese o per la liberazione degli ostaggi, ma finalmente anche contro la guerra.
Netanyahu si trova di fronte una sconfitta, per l’obiettivo esplicito che si è dato: l’annientamento di Hamas e Jihad. Ma questo obiettivo è stato un regalo al nemico: alle organizzazioni terroristiche basta sopravvivere, e manifestarlo lanciando missili sventati dall’Iron dome israeliano, per vincere politicamente, dimostrando fallito l’obiettivo dichiarato dal governo israeliano. Hamas e Jihad hanno messo in conto, in modo criminale, il sacrificio dei palestinesi, anche per far competere agli occhi del mondo il proprio vittimismo con il vittimismo che impregna il nazionalismo israeliano. Ma se Israele vorrà andare fino in fondo con lo sterminio dei civili, avrà sacrificato la sua dignità, il suo prestigio, le sue alleanze, la sua egemonia e la sua sicurezza. Ora si aggrappa all’alleato più potente che gli rimane, gli Stati Uniti di Trump, insieme con le “democrature” fascistoidi d’Europa.
Il sostegno statunitense al progetto di sradicare i palestinesi
Ma l’egemonia degli Stati Uniti avrà con Trump una flessione, e il motto che la regge “Make America Great Again”, è come un lapsus che sa più di nostalgia che di futuro. Una nostalgia che per ora ha successo perché vi si riconosce un sentire depressivo di massa che attraversa gli States. L’America è un impero che quando era “Great” imponeva al mondo il suo ordine egemonico, politico e culturale, che ora Trump e Musk vanno consumando, producendo soprattutto disordine internazionale, incertezze sui mercati e regressione culturale contro il pluralismo che era la vitalità stessa dell’America. Privatizzando lo Stato federale per affidarlo esclusivamente ai propri accoliti, lo indeboliscono e ne prosciugano le istituzioni. È una caduta complessiva degli elementi stessi dell’egemonia, nonché della democrazia. La strategia di pace di Trump consiste nell’appoggiare i più forti nei conflitti, come Putin in Ucraina e Netanyahu in Palestina, per poi spartirsi coi vincitori il bottino, ma questo pone poi gli Usa alla coda, non alla testa dei probabili vincitori. Ora le disordinate prepotenze di Trump e Musk, più grettamente nazionalistiche e aziendalistiche che vastamente imperiali, invece che ricostituire la polarità centrale degli Stati Uniti non potranno che accelerare la trasformazione multipolare del mondo, l’affermarsi di altri protagonisti, come la Cina e l’India o il Brasile, e magari produrre persino un risveglio dell’Europa dalla sua inerzia. E dunque l’affidarsi alla flessione trumpiana dell’egemonia americana, invece che allargare l’arco delle alleanze e del consenso, è forse una buona garanzia per il futuro di Israele o solo per i transitori e indecorosi interessi della sua destra di governo?
L’obiettivo di annientare Hamas è tattico. L’obiettivo strategico della destra di Israele su Gaza e Cisgiordania è un altro e chiarissimo: eliminare la questione palestinese non con il compromesso, bensì sradicando i palestinesi dalla Palestina, con la strage, la pulizia etnica e il terrorismo, dei fatti e delle dichiarazioni. Hanno cinicamente trasformato in occasione l’atrocità di massa compiuta da Hamas il 7 ottobre 2023. Per questo, Netanyahu ha preso in ostaggio un Israele traumatizzato da quell’aggressione, per convertire la rivalsa contro Hamas in guerra contro il popolo palestinese.
(Foto di Mohammed Ibrahim su Unsplash)