La Siria ha voltato pagina. Così titolavano molti giornali all’inizio di dicembre 2024, mentre facevano il giro del mondo le immagini dei miliziani di Hay’at Tahrir al-Sham (Organizzazione per la liberazione del Levante, Hts), guidati da Ahmed al-Jolani (o Ahmed al-Sharaa, che è il suo vero nome), entravano nel palazzo del deposto presidente Bashar al-Asad. Accanto all’euforia per la ritrovata libertà, dopo 54 anni di regime repressivo che ha sempre sistematicamente eliminato ogni forma di dissenso, si sono aperti scenari ancora tutti da verificare, mentre al-Jolani prova a rassicurare i suoi concittadini e il mondo intero sulle sue intenzioni: costruire una nuova Siria, libera e pluralista.
Tra le vittime del regime di Asad possiamo di certo annoverare padre Paolo Dall’Oglio, gesuita e fondatore della comunità monastica di Deir Mar Musa al-Habashi, nel deserto siriano, a metà strada tra Damasco e Homs. Padre Dall’Oglio fu espulso dal regime a giugno 2012, a motivo dei suoi interventi pubblici che chiedevano ad Asad di favorire un processo di democratizzazione nel Paese, da un anno piombato nel dramma della guerra civile. A luglio 2013, rientrato clandestinamente dalla Turchia per recarsi a Raqqa e proseguire nel suo lavoro per la pace, è stato rapito e di lui non si hanno più avute notizie.
Nei mesi precedenti la sua espulsione ha consegnato alla sua comunità una lunga serie di conferenze in arabo, nelle quali ripercorre la sua vicenda personale e la sua chiamata all’inculturazione nel mondo arabo e, in particolare, al dialogo con l’Islam che – come era solito dire – gli era entrato nel cuore. Le conferenze seguono la struttura della prima regola della comunità, rimasta “non bollata”, che descrive tutti i capisaldi della nuova esperienza monastica fondata da padre Dall’Oglio: la composizione ecumenica e mista (uomini e donne) della comunità, il riferimento alla tradizione orientale, soprattutto dei padri e delle madri del deserto, l’ospitalità, il lavoro manuale, l’inculturazione della fede cristiana nel contesto arabo-islamico e il dialogo con l’Islam in tutte le sue forme.
Ora ITL Libri, espressione editoriale della Diocesi di Milano, ha iniziato il complesso lavoro di traduzione e pubblicazione delle conferenze di padre Dall’Oglio. Il primo volume è uscito in occasione del decennale del rapimento del gesuita italiano (Il mio testamento, Centro Ambrosiano, Milano 2023, 208 pp., 19,50 euro) e porta la prefazione di papa Francesco. Il secondo è uscito un anno dopo (Dialogo sempre con tutti, Centro Ambrosiano, Milano, 272 pp., 20 euro) ed è accompagnato da un messaggio del presidente Sergio Mattarella.
Si tratta di parole pronunciate più di dieci anni fa ma che oggi, di fronte al rapido e imprevedibile evolvere della situazione siriana, risuonano estremamente pertinenti e a tratti profetiche. Oggi tutti si chiedono quale sarà il destino della componente cristiana della Siria: una realtà estremamente frammentata e che include cattolici, ortodossi ed evangelici. Prima della guerra i cristiani in Siria rappresentavano il 10% della popolazione; oggi la presenza cristiana è considerevolmente ridotta a motivo dell’emigrazione durante gli anni del conflitto. Si stima che siano rimasti meno di 250.000 cristiani, ma si tratta di calcoli impossibili da verificare.
Durante il regime di Asad, tutte le minoranze (cristiani, alawiti, curdi, drusi) hanno goduto di un certo rispetto, a fronte della mancanza dei diritti fondamentali, come il resto della popolazione. Per quanto riguarda i cristiani, questo ha permesso di costruire chiese, mantenere vivo il culto e le attività delle parrocchie. Alcune scuole cattoliche, molto rinomate e frequentate soprattutto da studenti musulmani (tra cui lo stesso Bashar al-Asad), hanno potuto svolgere un servizio prezioso. Lo stesso si può dire degli ospedali gestiti da congregazioni religiose cristiane. In questo modo il regime si garantiva un certo consenso, seppur a denti stretti. Ora è lecito domandarsi se tutto questo potrà proseguire in una nuova forma di stato improntata alla Sharia, alla legge islamica.
Nella riflessione di padre Dall’Oglio c’è tuttavia una questione che precede l’analisi del contesto e ruota attorno all’identità stessa della Chiesa. O, dovremmo dire, delle Chiese.
«Socialmente e storicamente parlando, rimaniamo una comunità tra le comunità, e talvolta siamo una comunità contro le altre comunità. E intellettualmente, per alcuni, è ancora così. Eppure, se la Chiesa approfondisse il suo mistero si comprenderebbe come comunità per tutte le comunità, e allora si radicherebbe in ogni comunità e tenderebbe a incarnarsi in ogni comunità. La Chiesa non è separata né staccata dal contesto in cui si trova: islamico, indiano, moderno, europeo, orientale, africano, giovanile; piuttosto, è una comunità con e per ogni comunità».
Ogni cristiano che vive in verità il suo battesimo, non può che incarnare la sua fede «nel tempo e nello spazio, sempre in movimento in avanti, verso l’alto, e sempre più lontano. Questa persona non si comprende più in termini di affiliazioni familiari, tribali, claniche e nazionali, ma si comprende nell’orizzonte del desiderio di Dio di essere tutto in tutti».
Di grande impatto è anche la riflessione di padre Dall’Oglio sulla nonviolenza e che suona oggi come un efficace monito: «Non sappiamo cosa succederà nel Paese, e io non sono un indovino, ma un monaco in un monastero nel deserto. Ma dico: senza un atteggiamento di rinuncia, anche della forza, per affrontare la questione della violenza, la maledizione continuerà a colpire la nostra società e la comunità internazionale. Senza un atteggiamento di rinuncia, possiamo solo far nascere i nostri figli nella violenza, nella lotta e nell’odio, e questo è ciò che non vogliamo più. La nostra posizione riguarda la Siria di oggi, di domani e di dopodomani. Quindi considerate bene dove collocare la vostra scelta, dove collocare la vostra dimensione e dove collocare le vostre energie».
Per padre Dall’Oglio la Siria era terra amata, la sua “terra-sposa”. Oggi probabilmente gioirebbe dei cambiamenti in atto e inviterebbe a non avere paura dell’Islam, ma a rinnovare l’impegno personale per la costruzione di un Paese nuovo, aperto e accogliente.