Di fronte alla crescente disaffezione per le urne di un elettore stanco per via di una democrazia calata dall’alto, viene spesso evocata la necessità di restituirgli la consapevolezza di come egli, individuo il quale “pensa, ragiona e agisce” (iconiche parole di Ludwig von Mises), possa effettivamente contribuire a formare la res publica; si situi questa a livello locale, regionale, nazionale, ma anche sovranazionale, come è il caso dell’Ue. La società civile, intesa sia come singoli individui, sia come gruppi aperti alla partecipazione spontanea dei cittadini, appare il più appropriato insieme di partenza. Perché è, o dovrebbe essere, la vox populi a indirizzare la classe politica, facendole sentire il peso della democrazia partecipativa, delle riforme a partire dal basso. Ma come, in concreto, la società civile può proporre riforme dal basso? Inoltre, una volta fatto ciò, in quale modo può farne percepire la necessità alla classe politica e indurla ad adottarle?
Un macroscopico esempio di democrazia e proposte di riforme dal basso viene dall’Europa. Sì, proprio da quell’Europa tante volte presentata dalla classe politica nazionale (non solo da noi) come distante dal cittadino, nonché poco o punto democratica.
Nel biennio 9 maggio 2021-2022 (il giorno di avvio e chiusura è quello della famosa Dichiarazione Schuman del 1950, con la quale prese il via il cammino comune dei sei Paesi fondatori), si è realizzato nell’Europa dei Ventisette un grande atto, di democrazia partecipativa: la Conferenza sul futuro dell’Europa. Un esperimento di grande portata, ma sostanzialmente ignorato dalla classe politica a livello di nazioni, quella più presente sui media, mentre quella europea, riunita nell’Europarlamento, pur avendone portato avanti le istanze ha riscosso una minor attenzione.
La CoFE è stata una iniziativa congiunta delle istituzioni dell’Ue, dei parlamenti nazionali, dei governi, degli stakeholders, i quali hanno coinvolto e dialogato con tanti cittadini europei su proposte per il futuro dell’Europa. Le cifre dell’azione ne indicano la vastità, dunque il successo. Poco meno di 55 mila gli iscritti alla piattaforma dedicata alla CoFE. Nel territorio dell’Ue oltre 720 mila cittadini hanno partecipato a quasi 7 mila eventi, ambiente dove hanno preso corpo 20 mila idee. Tutto ciò ha portato a formulare una cinquantina di proposte legislative, composte da un totale di 325 specifiche misure, distribuite su un vasto spettro di politiche, nonché ad alcune fondamentali riforme dei trattati. Ambiente, salute, digitale, migrazioni, istruzione e altro, inclusa la medesima democrazia europea, sono settori oggetto delle proposte emerse dalla Conferenza. La lista delle misure della CoFE (per il cui iter è responsabile la Commissione), seguite da una iniziativa legislativa (competenza del Parlamento e del Consiglio) è piuttosto lunga. Qualche recente esempio. In aprile il Parlamento europeo ha approvato la nuova direttiva sulla “due diligence”, concordata con il Consiglio. Questa richiede alle imprese, così come ai loro partner a monte e a valle, di intervenire sul loro impatto negativo rispetto ai diritti umani e all’ambiente. Tale impatto include il lavoro minorile, la perdita di biodiversità prodotta dall’inquinamento e dalla distruzione del patrimonio naturale. Ancora, il Parlamento europeo ha adottato sempre in aprile 2024, un pacchetto di leggi per rafforzare gli strumenti dell’Ue volti a combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Queste nuove leggi includono misure per rafforzare i controlli sull’identità dei clienti (banche e altre istituzioni finanziarie, ma anche i club di calcio) e segnalare attività sospette alle autorità competenti. Altro esempio riguarda la nuova legislazione per proteggere i giornalisti e i media europei dalle interferenze politiche o economiche. Secondo la nuova normativa gli Stati membri saranno obbligati a proteggere l’indipendenza dei media e sarà vietata ogni forma di intervento nelle decisioni editoriali. Inoltre, per evitare l’uso politico dei media pubblici, i loro direttori e membri del consiglio dovranno essere selezionati attraverso procedure trasparenti e non discriminatorie per mandati sufficientemente lunghi. Non sarà possibile licenziarli prima della scadenza del contratto, a meno di non soddisfare più i criteri professionali.
In via generale, come si legge nel sito del Parlamento europeo “Ad oggi, oltre tre quarti delle misure della Conferenza sono state seguite da iniziative di attuazione. Per ogni misura interessata esistono una o più iniziative che danno seguito, in tutto o in parte, alla misura stessa”.
Quanto visto indica come, effettivamente, la vox populi europea sia stata accolta e tradotta in provvedimenti legislativi da chi ne è il legittimo rappresentante. Se esiste una vox è perché esiste un populus. La narrativa per la quale non esisterebbe un popolo europeo, così cara ai sovranisti, andrebbe dunque rivista. Tanto più perché questo popolo europeo si estenderebbe ben oltre i dati della CoFE. L’ultimo sondaggio eurobarometro (dicembre 2023) è quanto mai indicativo. Alla domanda se si sentano cittadini europei, in media, l’86 per cento del campione intervistato ha dichiarato di sentirsi tale, di questi il 63 per cento completamente, mentre il restante 23 per cento, spesso ma non sempre. Una ventina di anni fa il miglior risultato era quello del Lussemburgo con il 35 per cento, e il peggiore quello sloveno, appena sopra il 10 per cento, con un dato medio poco sotto il 20 per cento. Il periodo tra le due rilevazioni è in massima parte caratterizzato da crisi, economica (2008-2015), sanitaria (2020-2022), nonché geopolitica (2022-?). In queste tre crisi, seppur sofferte, si sono avute risposte comuni e nel senso della solidarietà. Sono le crisi e i timori a spingere verso una maggior unità? È possibile, come spesso si dice. Probabilmente più questo fattore rispetto alla percezione di una democrazia dal basso. Spetterebbe in primis alla classe politica porla in evidenza, ma su questo punto è stata carente, soprattutto quella nazionale, troppo ripiegata sugli interessi di politica interna.
Resta un fatto, la voce del popolo europeo, perché altrimenti non lo si può chiamare, e quella dei loro rappresentanti, diretti (gli eurodeputati) e indiretti (i ministri nelle varie configurazioni del Consiglio dell’Ue), sta portando a successo l’azione di democrazia partecipativa e riforme dal basso avviata con la CoFE.
Una lezione per le democrazie nazionali: pensino, ragionino e agiscano… ma in senso europeo.
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