Secondo la Convention on Cluster Munitions (approvata nel 2008), la giornalisticamente definita “bomba a grappolo” è costituita da un grosso proiettile convenzionale, contenente piccoli ordigni esplosivi (in qualche caso ben 500 bomblet), che può essere lanciato da vari mezzi (aerei, elicotteri, artiglierie, lanciarazzi). Una volta raggiunto l’obiettivo, fino a oltre 40 km di distanza, esplode a mezz’aria diffondendo a largo raggio i piccoli ordigni esplosivi, di fatto delle granate (bombe a mano) che si spargono nel territorio ed esplodono (o, meglio, dovrebbero esplodere) al contatto con il terreno in un’area molto più ampia. Questi ordigni sono stati ampiamente impiegati in Kosovo, Afghanistan, Iraq, Siria, Libano e nel Nagorno Karabakh.

 La Convenzione di Oslo (Convention on Cluster Munitions)

Il 30 maggio 2008 fu approvata a Dublino la Convenzione sulle munizioni a grappolo, largamente ispirata alla Convenzione di Ottawa del 1999 sul bando delle mine antipersona. La nuova Convenzione di Oslo (così chiamata perché il processo era stato avviato nella capitale norvegese) è entrata in vigore il 1° agosto 2010. Il testo esclude l’utilizzo di questi ordigni (tranne quelli dotati di meccanismi autodistruttivi o disattivanti) perché sono accusati di causare danni inaccettabili alle popolazioni civili. Infatti, i piccoli ordigni rilasciati nel terreno a volte non esplodono (dal 2% di quelli degli Usa al 40% di quelli russi), creando durature fonti di pericolo, che restano attive spesso molto oltre la conclusione dei conflitti.

Allo stato attuale sono 123 gli Stati impegnati a rispettare gli obiettivi di tale accordo, di cui 111 sono Stati parte (Stati che hanno firmato e ratificato la loro adesione) e 11 Stati firmatari (in attesa di ratifica). I paesi membri delle Nazioni Unite che non hanno finora aderito alla Convenzione sono tuttavia ben 74, tra cui paesi importanti come Cina, Israele, Russia, Ucraina, Usa (che peraltro hanno dichiarato di non volerne più produrre, utilizzando solo lo stock residuo in dotazione), India, Brasile e Pakistan. L’Italia ha partecipato fin dall’inizio a tutte le fasi dell’Oslo Process e ha ratificato la sua adesione con la Legge 14 giugno 2011, n. 95.

L’utilizzo di cluster bombs nella guerra in Ucraina

Il problema delle “bombe a grappolo” è riemerso nel dibattito recente a causa della decisione di Biden di fornire questo tipo di armi all’Ucraina, mentre l’utilizzo che se ne è fatto da entrambe le parti in causa da oltre un anno, soprattutto da parte russa, non è sembrato scaldare gli animi di molti tra coloro che si battono per la pace. Basterebbe prendere in esame le numerose testimonianze e i rapporti forniti da quotidiani e istituzioni internazionali di varia estrazione (il Guardian, la CBC,  per sapere quante volte esse siano già state usate e le terribili conseguenze prodotte in questo conflitto. In un rapporto informativo di maggio 2023, l’associazione Human Rights Watch (HRW) ha rivelato che i russi hanno verosimilmente compiuto, dall’inizio dell’invasione in Ucraina, centinaia di attacchi con munizioni a grappolo in almeno 10 delle 24 regioni del paese. Un esempio tra i più efferati per le conseguenze mortali sui civili, è quello del missile caricato con un proiettile a grappolo che esplose su un treno affollato presso la stazione ferroviaria di Kramatorsk, provocando la morte di 58 persone e il ferimento di più di altre cento. L’Ucraina, che in passato ha usato queste munizioni negli scontri nella regione orientale del paese nel 2014-2015, nel mese di marzo 2022, secondo un’indagine del “New York Times”, avrebbe lanciato razzi con munizioni a grappolo (Uragan) contro Husarivka, un villaggio ucraino nella regione di Kharkiv controllata dai russi.

La decisione di Biden e le sue giustificazioni

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato il 7 luglio la “decisione difficile” di fornire anche “munizioni a grappolo” all’Ucraina (“munizioni convenzionali migliorate a doppio-uso”, Dual-Purpose Improved Conventional Munition, DPICM, contenenti fino a 88 piccoli ordigni esplosivi) all’interno di una vasta fornitura di armamenti per 800 milioni di $. Dall’inizio del conflitto, la somma totale degli aiuti militari Usa all’Ucraina supera i $ 41,3 miliardi, come dettagliatamente illustrato dalla scheda informativa pubblicata il 7 luglio scorso dal ministero della Difesa. Invero, le norme legali approvate negli Usa vietano l’esportazione di cluster munitions il cui tasso di fallimento, ovvero di mancata esplosione dei piccoli ordigni che restano pericolosi, risulti superiore all’1%. Tuttavia, il presidente Biden ha potuto autorizzarne l’esportazione in virtù di una deroga prevista per circostanze eccezionali, nonostante il tasso attuale di fallimento dei prodotti statunitensi risulti superiore (attorno al 2,35%).

Una delle principali giustificazioni del cambiamento di rotta del governo statunitense sulla fornitura di queste armi è data dalle difficoltà e dai crescenti costi in vite umane subìti nella contro-offensiva di primavera avviata dalle forze armate ucraine per riconquistare i territori occupati dall’invasione russa, rallentata soprattutto dalla massiccia linea difensiva costituita da una vasta diffusione di mine antiuomo e anticarro. A fronte di questa situazione drammatica e sanguinosa, il governo ucraino ha intensificato la richiesta di “munizioni a grappolo” ritenendo queste armi particolarmente adatte a compensare il loro notevole svantaggio, in termini di disponibilità di pezzi di artiglieria, di armi in genere e di truppe, rispetto a quelli in dotazione alle forze armate russe.

La decisione presa dagli Usa di soddisfare, dopo molte esitazioni, la richiesta ucraina è stata difesa (anche da alcuni think tanks internazionali come il RUSI, o Foreign Policy) con una serie di motivazioni e condizioni che cerchiamo di riassumere qui sinteticamente: 1) a differenza della Russia, che ne ha fatto finora uso indiscriminato fin dall’inizio del conflitto per attaccare l’Ucraina, la richiesta viene giustificata per esigenze di difesa della sovranità del proprio territorio; 2) il tasso di fallimento molto basso di queste munizioni (come già indicato) rispetto ai tassi compresi tra 30-40% di quelli impiegati dalla Russia che, dall’inizio del conflitto, ha sparso per l’Ucraina decine di milioni di queste sub-munizioni; 3) Usa e Ucraina collaborano per minimizzare i rischi associati a questa decisione, con l’impegno assunto dal governo ucraino di rispettare una serie di condizioni per un loro uso responsabile e per semplificare post conflitto le operazioni di sminamento delle aree coinvolte; 4) la fornitura di proiettili di artiglieria DPICM consente all’esercito ucraino di disporre di una quantità di munizioni di artiglieria sufficienti per molti mesi a venire.

Polemiche e incertezze

Tuttavia, tale decisione ha innescato una pluralità di reazioni negative, non solo da parte di organizzazioni umanitarie e pacifiste ma anche di governi alleati che già condividono importanti forniture militari di supporto al paese invaso dalla Russia. Dall’Onu all’Unione europea, passando per il Canada, il coro di opposizione alla decisione del presidente statunitense di fornire munizioni a frammentazione all’Ucraina è stato piuttosto ampio. Hanno criticato la scelta traa gli altri il Guardian britannico, Human Rights Watch, la National Public Radio negli Usa.

L’impiego delle munizioni a grappolo, anche se potessero aiutare le forze armate ucraine a proseguire positivamente la propria controffensiva, non basterebbero a modificare in modo sostanziale il corso degli eventi che continua invece a presentarsi foriero di nuovi drammatici eventi non solo per i popoli direttamente coinvolti ma anche per gran parte dell’umanità, soprattutto quella più povera.

(Foto: www.wikipedia.it)

 

 

  • Sergio Parazzini

    Già professore di Economia e Politica Industriale presso Università Cattolica di Milano (sede di Piacenza-Cremona).