Superare e annullare i limiti della dimensione biologica. Eliminare aspetti non desiderati come la sofferenza, la malattia, l’invecchiamento e persino l’essere mortali. Migliorare le capacità fisiche e cognitive della specie umana con un corpo in concordanza con i propri desideri.

È la scommessa del transumanesimo. Un’antropopoiesi tecnologica verso il postumano: essere naturale o artificiale con capacità fisiche, intellettuali e psicologiche migliori rispetto a un “umano normale”. Un’ingegneria sociale. Un’umanità 2.0 liberata dai suoi limiti; un uomo nuovo; un oltre-uomo capace di riprogrammare sé stesso. È la “filosofia dell’illimite” della Transhumanist Declaration, di studiosi come Max More con la Lettera a Madre Natura e Nick Bostrom che delinea spazi di vita, di relazioni, di sentire e pensare accessibili – secondo una scala gerarchica – dai livelli più limitati degli animali prima e degli esseri umani poi, per giungere infine a quelli – appunto senza limiti – dei postumani. Secondo questa visione il nostro attuale modo di essere umani abbraccerebbe solo un minuscolo sottospazio di ciò che è possibile o consentito dai vincoli fisici.

È questa la narrazione di una distopica sintesi tra l’immortalità nella vecchiaia nel mito di Titone e l’eterna giovinezza di Faust?

Diversamente dal mondo antico, dove l’andare oltre i confini stabiliti dalla divinità è hybris che viene punita, la modernità è un andare al di là dei limiti, un plus ultra, un navigare verso l’ignoto.” Una ridefinizione radicale dello statuto umano. Paradigma è l’emancipazione dai limiti dati dalla natura.

Indipendentemente dal quando sia possibile o meno raggiungere l’era post-umana, rapidissime e rivoluzionarie sono le innovazioni che già promuovono un miglioramento significativo della condizione umana. Ricordiamo ad esempio, in campo biomedico, gli sviluppi in neuroingegneria, nanotecnologie, biologia molecolare, genetica e scienze dei materiali; tecnologie di ingegneria neurale come la stimolazione cerebrale profonda (Implanted Deep Brain Stimulators – DBS); le interfacce cervello computer (Brain Computer Interfaces – BCIs) e cervello macchina (Brain Machine Interfaces – BMIs). Strumenti potenzialmente trasformativi.

Rimanendo in ambito biomedico, che meglio esplicita il tema in oggetto, dalla classica finalità curativa-preventiva-riabilitativa risulta sempre più estesa quella potenziativa. Vale a dire dal miglioramento e dalla ottimizzazione – con interventi che spingono le capacità biofisiche all’interno della normalità statistica – al potenziamento (enhancement) inteso come intervento intenzionale finalizzato a modificare il normale funzionamento oltre il livello tipico della specie e oltre il margine statisticamente normale.

Secondo il Rapporto del Pew Research Center, il ricorso all’Intelligenza Artificiale per il potenziamento umano, indirizzato a migliorare le capacità dell’essere umano, rileva questioni complesse relative a capacità di consenso, responsabilità legali e trasparenza dei processi decisionali.

Ad esempio, a fronte degli indubitabili benefici (sensori cerebrali impiantati accoppiati alla robotica in persone con paralisi, stimolatori transcranici fai-da-te, sistemi di stimolazione cerebrale a circuito chiuso, …) lo sviluppo dei sistemi BrainGate pone questioni etico-sociali e legali. Se un dispositivo stimola il cervello mentre si decide un’azione, chi sarà il responsabile dell’azione? Il dispositivo potrà essere eterodiretto e renderà accessibile ad altri l’interiorità della singola persona? Il dispositivo potrà modificare il modo in cui si pensa sé stessi e la percezione degli altri? È storia già dei nostri tempi. È il confronto tra ciò che rappresenta il terapeutico-riparativo e quanto, invece, è potenziamento di funzioni e capacità. Con una sfumata linea di demarcazione fra terapeutico riparativo/enhancement di funzioni e capacità che presupporrebbe un accordo preliminare (CNB).

Necessaria una considerazione. Non bisogna cadere nel catastrofismo dei tecnofobi, quella della sconfitta dell’uomo, o nel trionfalismo dei tecnofili. Oppure riproporre un irrealistico luddismo. Piuttosto, un umanesimo per l’era digitale che consenta di governare e abitare con discernimento l’innovazione tecnologica. “La capacità di valutare in modo corretto gli effetti delle azioni, con attenzione alle ripercussioni che esse hanno sia a livello personale che sociale. Un discernimento nel segno della prudenza e della responsabilità.” Un umanesimo per l’era digitale che non trasforma l’essere umano in una macchina e non interpreta le macchine come esseri umani.

È un percorso che richiede trasparenza, conoscenze, consapevolezza e assunzione di responsabilità. Prospettive inedite ci interpellano e che riguardano anche sicurezza e giustizia sociale. Nuovi diritti verranno rivendicati. Nuovi doveri dovranno essere definiti. Sarà sufficiente il richiamo a norme deontologiche o a regolamentazioni come l’AI Act, proposta di legge europea sull’intelligenza artificiale? Oppure saranno richiesti specifici interventi legislativi?

L’Oms ha redatto un Report su “Ethics and governance of artificial intelligence for health”, indicando i principi fondamentali da rispettare: proteggere l’autonomia umana; promuovere il benessere e la sicurezza delle persone nonché l’interesse pubblico; garantire trasparenza, spiegabilità e intelligibilità; promuovere responsabilità (responsibility) e responsabilizzazione (accountability); garantire inclusività ed equità; promuovere un’Intelligenza Artificiale sostenibile.

Su altro versante la FNOMCeO sta provvedendo all’aggiornamento del Codice di deontologia medica, con un’attenzione particolare alle innovazioni in campo applicativo dell’Intelligenza Artificiale. Fermo restando che a Codice attualmente vigente, “il medico, sia in attività di ricerca, sia quando gli siano richieste prestazioni non terapeutiche ma finalizzate al potenziamento delle fisiologiche capacità fisiche e cognitive dell’individuo, opera nel rispetto e a salvaguardia della dignità dello stesso in ogni suo riflesso individuale e sociale, dell’identità e dell’integrità della persona e delle sue peculiarità genetiche nonché dei principi di proporzionalità e di precauzione. Il medico acquisisce il consenso informato in forma scritta avendo cura di verificare, in particolare, la comprensione dei rischi del trattamento e ha il dovere di rifiutare eventuali richieste ritenute sproporzionate e di alto rischio anche a causa della invasività e potenziale irreversibilità del trattamento a fronte di benefici non terapeutici ma potenziativi.”

In confronto al tecnodeterminismo, obiettivo è lo sviluppo che riconosca la centralità dell’uomo che, a sua volta, richiama la categoria politico-etica della dignità umana – ragione di fondazione e legittimazione delle società democratiche – rispetto alla dignità attribuita, manipolabile con la tecnica fino ad arrivare alla giustificazione del postumano.

In questo contesto la politica non può svolgere un ruolo ancillare. Necessario assumere responsabilità. Fondamentale il dibattito pubblico, aperto e inclusivo, per non compromettere valori democratici sostanziali da tutelare, quale il principio di uguaglianza e quindi il divieto di discriminazioni.  Si richiede una partecipazione comunitaria senza deleghe deresponsabilizzanti e senza cedere a indifferenze. Altrimenti saranno élite che domineranno la global repository of intelligence, l’intelligenza globale del pianeta.

 

 

 

Crediti foto: Gertrūda Valasevičiūtė su Unsplash

  • Lucio Romano

    Medico Chirurgo e docente di Bioetica. Componente Comitato Scientifico “Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica”. Senatore della Repubblica nella XVII Legislatura. https://lucioromano.it