“Anche questa volta non ci hanno visto arrivare”. Sono state queste le prime parole di Elly Schlein, domenica 26 febbraio 2023, dopo la vittoria alle elezioni primarie del Partito Democratico.

La nuova segretaria ha parafrasato il titolo del libro della storica Lisa Levenstein (They Didn’t See Us Coming, 2019) sulle vicende nascoste del femminismo statunitense degli anni ’90 del secolo scorso. Come il movimento femminista era diventato invisibile all’opinione pubblica – anche se in realtà avvenimenti e personaggi hanno continuato a portare avanti le istanze della causa –  così la traiettoria politica di Elly Schlein e dei suoi comitati “Parte da noi” si è mossa sotto traccia, in maniera quasi impercettibile. Contro ogni previsione, Elly Schlein ha ottenuto il 53,8% delle preferenze, contro il 46,2% del suo sfidante, Stefano Bonaccini, ribaltando l’esito delle votazioni nei circoli.

E sì, perchè senza le elezioni primarie il Partito Democratico non avrebbe scelto una Segretaria donna. Gli iscritti si sarebbero orientati, ancora una volta dopo dieci segretari dal 2007, verso un uomo. È stato il più ampio movimento – o popolo – democratico a far cadere il tabù della donna leader in un partito di centro-sinistra, con una radicata tradizione maschilista. Non è un caso che le principali leader politiche in Europa siano state, e siano ancora oggi, di partiti conservatori, dove meglio possono incarnare uno stile muscolare, senza mettere in discussione i valori tradizionali del patriarcato, in primis l’individualismo.

Oggi, per la prima volta in Italia, alla guida dei due principali partiti ci sono due donne. Non solo, dopo il primo Presidente del Consiglio, anche la Segretaria del principale partito di opposizione è una donna. Un risultato che conferma che le donne assumono il comando nelle situazioni di maggiore criticità. È quella che la letteratura etichetta come la “scogliera di cristallo”, il fenomeno in base al quale le organizzazioni abbracciano la leadership delle donne quando sono in difficoltà, come se le condizioni problematiche spalancassero alle donne finestre di opportunità che di solito restano chiuse o, nel migliore dei casi, semiaperte.

In questo contesto siamo davanti a due modelli di leadership che appaiono alternativi, anzi che sono proprio all’opposto. Giorgia Meloni, 46 anni, incarna lo stile del capo, forte e valoroso, che combatte da soldato “contro” i nemici di turno per affermare i tratti identitari della destra nazionalista. Al momento appare come “una donna sola al comando”, troppo spesso in balia della sindrome da accerchiamento (specie verso i media) e balbettante sui diritti umani, anche quelli delle donne.

Elly Schlein, 38 anni, dichiaratamente femminista, esordisce da Segretaria con un’affermazione: “Non basto io, il cambiamento passa se ciascuno ci mette un pezzo di sé”. “Noi”, “nostra”, “nostro”, “insieme”, “comunità” sono parole molto utilizzate dalla neo eletta, tratti distintivi della sua leadership, almeno per come l’abbiamo conosciuta finora. Nel suo libro La nostra parte (2022) afferma di non credere “nella possibilità di cambiare le cose con le traiettorie individuali, servono processi collettivi e plurali”. Tale scelta di campo indica un metodo e una visione chiari, che trovano nell’attenzione agli ultimi, a chi vive ai margini, un altro tratto distintivo. Si tratta di una vera e propria ossessione per aumentare la partecipazione alle dinamiche interne del partito e, a cascata, del Paese. Per questo Elly Schlein è convinta che l’astensionismo marginalizzi le persone più fragili, i poveri, chi vive condizioni lavorative precarie.

Per Elly Schlein “gli sforzi per la giustizia sociale e per quella ambientale devono procedere di pari passo”. All’espressione “transizione ecologica” sovente preferisce “conversione”, mostrando una reale attenzione al “grido della terra e al grido dei poveri”, che abbiamo imparato a chiamare ecologia integrale (grazie alla Laudato si’ di papa Francesco). Che sia questo il terreno perché la sintesi politica tra il cattolicesimo democratico e la sinistra sia feconda?

Il New York Times ha definito la nuova Segretaria “la donna che scuote la politica italiana”. Essere all’altezza delle prospettive di cambiamento è una sfida al limite dell’impossibile, specie per le donne. Sarebbe illusorio e stolto pensare che una Segretaria donna possa risolvere i problemi di un partito progressista. Eppure, il tipo di leadership al governo necessita di un’opposizione degna di questo nome. Sarà importante non perdersi in battaglie identitarie marginali, ma soprattutto ci sarà da vigilare affinché la carica ideale di Elly Schlein, e di quanti le hanno dato fiducia, non prenda la china dell’ideologia.

 

  • Chiara Tintori

    Politologa e saggista, già redattrice della rivista Aggiornamenti Sociali.