In data 16 novembre 2022, «Appunti» on line aveva pubblicato il documento: Diciamo No alle armi nucleari e Sì a forti gesti di pace e di dialogo, sottoscritto da presidenti e responsabili di 47 sigle dell’associazionismo cattolico, compresa “Città dell’uomo” (ricordiamo in parentesi che nel luglio 2017 l’Onu aveva approvato, con 122 sottoscrizioni, purtroppo senza l’Italia, il “Trattato sulla proibizione delle armi nucleari”, TPNW. Da allora ha preso avvio nel nostro paese una mobilitazione della società civile, coordinata dalla Campagna Senzatomica e Rete Italiana per il Disarmo – con lo slogan “Italia Ripensaci!” -, al fine di convincere il Governo a firmare e ratificare il “Trattato”).

Il testo di novembre, muovendo dalla sempre più drammatica vicenda della guerra in Ucraina (24 febbraio, anniversario dell’invasione russa di quel paese sovrano), poneva subito in luce il rischio estremo di un eventuale ricorso all’arma nucleare. Ricordava, poi, che, già nella primavera del 2021, 44 presidenti di associazioni e sigle varie del mondo cattolico avevano sottoscritto l’appello intitolato: L’Italia ratifichi il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari (dal gennaio del medesimo anno il “Trattato” diveniva giuridicamente vincolante per tutti i paesi firmatari).

Il documento del novembre ’22 si rivolgeva espressamente ai nuovi Parlamento e Governo italiani (erano del precedente settembre le elezioni politiche), affinché ponessero «urgentemente all’ordine del giorno la ratifica del “Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari”»; questo, per indicare che il nostro Paese non voleva più tali armi «sul proprio territorio» e, in piena coerenza con ciò, sollecitava «anche i propri alleati a percorrere questa strada di pace». Purtroppo, tale voto ‒ com’era del resto facile supporre ‒ non solo non è stato esaudito, ma nemmeno ha avuto reale attenzione.

Nel frattempo la guerra ucraina si è ulteriormente inasprita, senza che si possano intravedere passi concreti almeno per un cessate il fuoco. L’escalation militare prosegue di gran carriera e l’ipotesi di un ricorso al nucleare “tattico” non risulta derubricata.

Dinanzi a questo quadro preoccupante, sabato, 18 febbraio, a Bologna si è autoconvocata in assemblea la “Rete dei movimenti cattolici ed ecumenici contro le armi nucleari”, sottoscrittori del  suddetto documento di novembre, per fare il punto sulla situazione e ipotizzare eventuali iniziative comuni da intraprendersi (avendo, per altro, sempre presente il caso Ucraina).

Il card. Matteo Zuppi, arcivescovo del capoluogo emiliano, nonché presidente della Cei, ha introdotto e concluso i lavori con parole sapienti, facendo eco a più riprese al Magistero di papa Francesco, i cui interventi di condanna senza appello, non solo della produzione (e ancor più dell’ipotetico impiego) di armi nucleari, ma anche solo del loro possesso sono noti. Si tratta di strumenti che, per la terrificante forza distruttiva, appaiono inequivocabilmente immorali. Mons. Zuppi, dopo aver evocato il rischio tremendo di una «guerra totale», ha fatto cenno al «diritto a una legittima difesa» da parte di una nazione sovrana aggredita, che va però sapientemente commisurato al «legittimo diritto alla difesa della pace». A un anno dall’inizio della guerra, «non dimentichiamo ‒ ha osservato ‒ che c’è una vittima e un occupante; non facciamo finta che sia tutto uguale». Fuori da semplicismi ingenui e astorici, egli ha altresì insistito sull’importanza di tenere insieme «politica e profezia», quando si affrontano questioni intricate come quelle in esame: «essere nella profezia serve per spingere la politica ad essere all’altezza». Sempre in tema di Ucraina, accorato, infine, il suo appello per «cercare disperatamente le vie della pace».

Nei numerosi interventi succedutisi (tutti rigorosamente entro i tre minuti), si sono potuti intuire accenti e sensibilità differenti riguardo al complesso tema in discussione. Certo, sul bene inestimabile della pace (da perseguirsi con tenacia, spes contra spem) e sul No risoluto agli armamenti nucleari (una battaglia di civiltà, da condursi a più livelli) la convergenza è stata piena.

 Anche “Città dell’uomo” è intervenuta nel dibattito, con le sottolineature, di seguito sintetizzate

Si è evidenziato, innanzitutto, che si sta diffondendo il convincimento, non solo fra gli strateghi militari, bensì nei più recenti documenti ufficiali sulle politiche di difesa nazionale delle due superpotenze nucleari tradizionali, Federazione Russa (cfr.: Basic Principles of State Policy of the Russian Federation on Nuclear Deterrence, 2020 – by Executive Order of the President of the Russian Federation of June 2, 2020, No.355, Ministry of Foreign Affairs, Russian Federation) e Stati Uniti d’America (US Department of Defense, 2022 National Defense Strategy 2022 Nuclear Posture Review 2022 Missile Defense Review, October 27, 2022; Hans Kristensen and Matt Korda, The 2022 Nuclear Posture Review: Arms Control Subdued By Military Rivalry, Federation of American Scientists, October 27, 2022), circa il possibile ricorso all’impiego di atomiche anche nel caso di conflitto convenzionale. Inoltre, in conseguenza dell’evoluzione dei rapporti tra le grandi potenze nucleari, dei nuovi sistemi d’arma e della comparsa di inedite sfide planetarie, il significato stesso di deterrenza nucleare e il mancato esplicito impegno a non usare per primi l’arma atomica sono diventati sempre più indefiniti, generando grave incertezza per la sicurezza e la pace mondiale.

Le armi nucleari schierate in Italia, di tipo “tattico”, sono stimate in circa 30 unità e collocate presso le basi aeronautiche militari di Aviano (Pordenone), diretta dall’USAF, e di Ghedi (Brescia), diretta dall’AMI. Da alcuni mesi è in corso la sostituzione delle vecchie bombe di gravità B61 (nelle versioni B61-3 e B61-4) con le nuove B61-12 LEP (Life Extension Program), migliorate nel sistema di guida e nella precisione, distinte in 4 tipi di cariche esplosive: da 0,3kt, 1,5kt, 10kt e 50kt (il termine kt equivale a 1.000 tonnellate di TNT – tritolo equivalente).

Per comprendere approssimativamente l’effetto devastante dell’esplosione di una bomba nucleare “tattica” basti ricordare le catastrofiche esplosioni dell’agosto 1945 a Hiroshima e Nagasaki, su cui furono lanciati ordigni di potenza pari, rispettivamente, a 15kt (Little Boy) e 21kt (Fat Man) (Fonte: Atomic Heritage Foundation). Va anche aggiunto che le rovinose conseguenze ricadrebbero non solo sulle popolazioni e i territori dei paesi belligeranti, ma su persone e strutture di un’area ben più estesa.

Educare alla pace dovrebbe essere compito universale, insegnando già ai piccoli i fondamenti di questa attitudine virtuosa. Occorre, poi, far crescere uomini e donne che da “artigiani” della pace, capaci cioè di vivere tale dimensione nelle relazioni quotidiane, diventino “architetti” della pace, ossia consapevoli e operosi riguardo al profilo socio-politico del tema. Tuttavia, un prerequisito fondamentale per generare un vero percorso di educazione alla pace è quello di discernere l’animo geloso e ribelle di “Caino” che, in maniera latente, può sempre albergare in noi.

Circa le eventuali azioni da intraprendersi, avendo sempre al centro la questione degli armamenti nucleari (che, ribadiamo, date le circostanze, non va disgiunta dal cruciale problema ucraino), le proposte emerse a Bologna possono essere raccolte in tre raggruppamenti. Nel primo, rientrano indicazioni relative a interventi pubblici, perlopiù su scala locale (cortei, marce, dibattiti ecc.), di sensibilizzazione generalizzata della cittadinanza intorno all’argomento in esame; nel secondo, figurano i richiami per una ripresa d’iniziativa diretta a stimolare la classe politica, nelle sue varie articolazioni, affinché compia passi concreti, prodromi all’auspicata firma del “Trattato” Onu; nel terzo, confluiscono suggerimenti di largo respiro, riguardanti la formazione delle coscienze al valore della pace e dei suoi conseguenti addentellati etico-culturali, puntando su una solidale alleanza fra scuola, aggregazioni giovanili, ambienti religiosi.

Ai portavoce della “Rete” (rappresentati da responsabili di Ac, Acli, Pax Christi, Movimento dei Focolari, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII) il compito di vagliare le proposte in vista di possibili azioni comuni. Come “Città dell’uomo”, auspichiamo vivamente sia lo sviluppo di un percorso politico che porti l’Italia a ratificare il “Trattato” contro le armi nucleari sia una diffusa coscientizzazione popolare in ordine al tema della pace. 

 

 

 

  • Sergio Parazzini

    Già professore di Economia e Politica Industriale presso Università Cattolica di Milano (sede di Piacenza-Cremona).

  • Luciano Caimi

    Presidente dell’associazione Città dell’uomo e direttore di Appunti di cultura e politica; già ordinario di Storia della pedagogia e dell'educazione presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore.