Un terremoto politico, annunciato, ma certo non in questo ordine di grandezza, ha visto nei giorni scorsi in Repubblica Ceca la vittoria schiacciante del leader populista di destra, il miliardario Andrej Babiš e del suo movimento “Azione dei cittadini scontenti” (Akce Nespokojených Občanů, acronimo Ano che in ceco significa anche “sì”). I risultati definitivi assegnano al partito dell’ex primo ministro quasi il 35 % dei voti.
Un governo aperto a destra
Andrej Babiš, imprenditore con interessi nel settore agro-alimentare, dell’edilizia, della logistica e dell’informazione (una traiettoria economico-finanziaria e politica per molti versi simile a quella che nel nostro paese ha portato alla nascita e all’affermazione di Forza Italia tanto che al momento della sua “discesa in campo” nell’agone pubblico in Repubblica Ceca era stato ribattezzato “Babisconi” e oggi, in uno scenario internazionale completamente diverso, il “Trump ceco”), torna al potere dopo quattro anni di opposizione. Ha vinto con una rilevante percentuale di consensi, ma per formare il governo sarà costretto a contare sul supporto di due partiti di estrema destra.
Il movimento ANO ha ottenuto oltre 1,9 milioni di voti, che rappresentano il 34,5% dei suffragi espressi, e 80 seggi. Per ottenere la maggioranza di 101 seggi dovrà cercare il sostegno di altre forze politiche. Esclusi i partiti e le formazioni che hanno partecipato al governo negli ultimi quattro anni, rimangono solo il movimento nazionalista Spd fondato nel 2015 dall’imprenditore nato a Tokyo Tomio Okamura e il partito degli “Automobilisti per sé stessi”.
Babiš avrà bisogno del sostegno di entrambi per avere la maggioranza anche se alla chiusura dei seggi ha dichiarato che preferirebbe un governo monocolore con il sostegno esterno delle due forze. Le tre forze hanno in comune le critiche all’Unione Europea e ai suoi piani green. Non poche, tuttavia, sono anche le differenze: Ano e Spd hanno programmi che prevedono l’aumento della spesa pubblica, mentre gli Automobilisti vorrebbero una riduzione del deficit ancora più marcata di quella attuata dal governo uscente.
Destinati certamente a finire all’opposizione sono la coalizione di centrodestra moderato Spolu del premier Petr Fiala, il partito dei sindaci Stan e i Pirati, che assieme hanno solo 92 deputati sui 200 seggi totali.
Promesse elettorali
Il programma proposto in campagna elettorale da Ano, senza di fatto solidi sostrati ideologici e, incentrato su questioni economiche e sociali, prevede l’impegno a tagliare le tasse, aumentare le pensioni, limitare i prezzi dell’energia e congelare – misura ovviamente di larga presa e consenso popolare – gli stipendi dei politici. Promessa anche l’eliminazione dei canoni che finanziano la televisione e la radio pubbliche, un’iniziativa criticata dagli oppositori perché conferirebbe al governo un maggiore controllo sui media. Concentrato soprattutto su questioni di politica interna, Ano ha messo in discussione l’obiettivo di spesa militare al 5% per la Nato, si è opposto al Green Deal dell’Unione Europea e ha chiesto tolleranza zero nei confronti dell’immigrazione clandestina.
Insieme a Victor Orban in Ungheria e Robert Fico in Slovacchia il nuovo governo insediato a Praga rivitalizzerà verosimilmente il gruppo di Visegrád ricompattandolo soprattutto su una linea di marcata critica verso alcune cruciali politiche ambientaliste dell’Unione Europea. L’interrogativo principale in politica estera riguarda gli elementi di continuità e di discontinuità della nuova compagine governativa ceca rispetto al governo precedente.
In Europa Ano prevedibilmente appoggerà ogni iniziativa contro regolamentazioni ambientali troppo stringenti e per liberare le case automobilistiche dai lacci e dai vincoli di tappe forzate verso il trasporto elettrico (tema quest’ultimo di punta nella proposta degli “Automobilisti”).
Mutamenti in Europa e nei rapporti con gli Stati Uniti
Visegrád riprenderà quota tornando a proporsi come baluardo contro l’immigrazione, di difesa dei valori tradizionali come la famiglia e di rilancio di progetti infrastrutturali comuni. In Europa notoriamente Babiš tiene ai suoi rapporti con i francesi anche in virtù dei suoi interessi economici e con Macron ha un buon rapporto personale anche sancito da un Partenariato strategico rinnovato nel 2018 che si nutre di una forte tradizione di scambi accademici e culturali.
Non vi è dubbio che Babiš abbia intercettato l’umore di parte dell’elettorato ceco che vuole meno privilegi e misure in favore degli immigrati ucraini in campo sanitario e scolastico. Esiste una frazione di popolazione che non vede di buon occhio gli aiuti militari agli ucraini non tanto perché non ne comprenda la necessità, ma per i costi che andrebbero a pesare anche sulle tasche dei cechi. Esiste quindi un senso di stanchezza e di desiderio di “riequilibrio” nella relazione con Kiev.
Fra gli elementi di discontinuità con il governo Fiala, il rapporto con la nuova amministrazione americana: Praga tiene, fin dalla Rivoluzione di velluto, un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti anche in ragione della consistente comunità ceca e slovacca da tempo insediata in alcuni Stati del Midwest americano nonché, sul piano diplomatico, in ragione dei rapporti intessuti dall’allora segretario di Stato americano, Madeleine Albright, nata a Praga da una famiglia cecoslovacca e in grado di comunicare correntemente in ceco con il suo principale interlocutore al tempo: il presidente Václav Havel). Trump sarà un interlocutore privilegiato per Babiš il quale, come il presidente americano, cercherà di imporre il sostegno all’Ucraina ai partner europei piuttosto che condividerne il peso, considerato che sarà al governo (o avrà l’appoggio) con partiti che rispetto alla Nato hanno posizioni euro-scettiche.
Al presidente della Repubblica Petr Pavel, ex militare di carriera con un profilo di altissimo livello nelle forze armate cecoslovacche, poi ceche e infine nella Nato, l’impegno di vigilare affinché il paese non si isoli in Europa e in politica interna che sia mantenuto il delicato equilibrio tra spesa pubblica e tassazione, certamente all’origine dello scontento di buona parte dell’elettorato ceco e della vittoria di Babiš.
Una notazione anche riguardo al nostro paese. Non sono ipotizzabili cambiamenti sostanziali soprattutto nei rapporti economici che sono consolidati in vari settori: nuove tecnologie con riferimento ad Ai, spazio, farmaceutica, ricerca etc. Altrettanto dicasi per la cooperazione in ambito scientifico e culturale che è attestata su un eccellente livello. Certamente chi in Italia ha accolto con maggiore soddisfazione la vittoria di Ano è stato Salvini che per primo ha commentato entusiasticamente dicendo che i Patrioti avanzano in tutta Europa e ha definito Babiš un alleato della Lega nell’Unione Europea. Sul piano diplomatico è probabile che i due governi opereranno insieme in Europa sui dossier che riguardano l’interesse comune delle nostre e loro aziende.
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