Pare che il primo atto di Trump appena arriverà alla Casa Bianca il 20 gennaio 2025 sarà (di nuovo) il ritiro dall’Accordo sul Clima;  questa notizia arriva proprio l’11 novembre, il giorno dell’apertura della 29ma Conferenza delle parti (COP29) a Baku capitale dell’Azerbaijan;  un ulteriore colpo alle aspettative già modeste di reali progressi di questa COP29, in particolare sulla definizione di nuovi target di spesa e dei contributori per sostenere i paesi più vulnerabili di fronte alla pressione crescente del clima che cambia: eccome se cambia!

Tra gennaio e settembre del 2024, la temperatura media globale si è alzata di poco oltre 1,5°, il limite fissato a Parigi dieci anni fa per evitare conseguenze catastrofiche irreversibili sul clima delle emissioni climalteranti, in primis CO2 e  metano; la linea comune tra i diversi rapporti di prestigiose organizzazioni internazionali sulla situazione del clima usciti in questi giorni, è che siamo diretti ad un aumento della temperatura di oltre 2,6°-3,1° e che gli sforzi di ridurre le emissioni sono ancora troppo poco efficaci: le emissioni, in particolare quelle di metano che potrebbero essere più facilmente abbattute di quelle della CO2 e sono molto più inquinanti, continuano ad aumentare a livello globale, grazie anche alla resistenza di imprese come ENI o SNAM in Italia, e paesi produttori come l’Azerbaigian, che proprio a ridosso della COP sta discretamente cercando di  stringere nuovi accordi per continuare a estrarre gas nei prossimi decenni.

L’Europa è il continente che si sta riscaldando più in fretta della media globale e le alluvioni gravi sono sempre più frequenti anche nel vecchio continente: nel 2021, ci sono stati 239 morti in Germania a Belgio e qualche settimana fa anche l’Emilia Romagna e l’Europa centrale sono state duramente colpite: questo è il contesto generale nel quale si è verificata la grande alluvione nella Comunità di Valencia lo scorso 29 ottobre. E, è notizia di questi giorni, le conseguenze del disastro sono arrivate anche a Bruxelles, dove il processo di esame parlamentare dei Commissari designati è in questo momento (14 novembre) bloccato dalla violenta offensiva del PPE e dei nazionalisti di Vox contro la candidata socialista e attuale ministra per la Transizione ecologica in Spagna, accusata dalla destra ed estrema destra di essere la responsabile dei danni e vittime di Valencia[1].

I fatti sono noti. Il 29 ottobre una gigantesca tempesta ha colpito diverse regioni, Andalusia, Isole Baleari, Ceuta, Catalogna, ma la più colpita è stata la regione metropolitana di Valencia. L’improvviso innalzamento di corsi d’acqua stagionali, causato dalle piogge torrenziali che ore prima si erano verificate a monte e da terreni resi impermeabili dalla lunga siccità, è diventato una trappola per migliaia di persone che tornavano a casa o uscivano dal lavoro nei comuni di Catarroja, Paiporta, Sedaví e Torrent, nell’area metropolitana di Valencia, città fra le più prospere della Spagna, e che non avevano idea del disastro che stava per piombare loro addosso, perché nessuno li aveva avvertiti. Le drammatiche conseguenze sono state 216 morti ad oggi e 16 dispersi, danni stimati di oltre 30 miliardi di euro e migliaia di persone che non hanno più casa né lavoro. Alla base della tragedia, un fenomeno meteorologico non inusuale in questa stagione e in quella regione, noto come Depressione isolata di alto livello (DANA) o “goccia fredda”, che questa volta però è stato molto molto più violento e devastante[2]. La situazione attuale è ancora molto molto difficile per molte persone rimaste senza nulla, anche perché il maltempo non si ferma; molti si trovano in luoghi altamente insalubri e si sono spesso dovuti arrangiare da soli o con l’aiuto dei vicini; i soccorsi e l’esercito sono arrivati molto, troppo lentamente.

Quattro le ragioni principali individuate che spiegano i terribili costi umani e materiali della Dana del 29 di ottobre. La prima sono le piogge torrenziali assolutamente devastanti e come abbiamo visto senza precedenti; la seconda è stata la totale impreparazione delle autorità regionali gestite dal PP e da Vox, prima, durante e dopo la Dana, causa principale dell’alto numero di vittime. La terza è l’obiettivo intensificarsi degli effetti del cambiamento climatico sul Mediterraneo e la quarta è il massiccio e scriteriato sviluppo urbanistico, spesso in zone inondabili, nel corso degli ultimi decenni. È importante notare che in alcune zone dell’Italia esiste una situazione di rischio analoga e, purtroppo, la stessa insensibilità e incultura rispetto all’emergenza climatica. Valencia non è peraltro un caso isolato, pur se fattori specifici, come l’enorme quantità di pioggia e la mancanza di allerta tempestiva, hanno di molto aggravato la situazione, in particolare in termine di vittime.

Il servizio meteorologico avvertiva infatti da vari giorni della sua previsione di fortissime piogge in arrivo e aveva mandato al mattino presto l’allerta rossa “livello di rischio altissimo per la popolazione”: per tutta risposta, il presidente Carlos Mazon teneva alle 13 una conferenza stampa che diceva che alle ore 18 la Dana si sarebbe spostata e tutto sarebbe finito e solo alle ore 20, con varie persone già sparite nell’onda di fango, ha diramato l’allerta rossa via sms. La polemica politica è scoppiata immediatamente tra il governo regionale e il livello nazionale ed è ancora fortissima; come già citato più sopra, rischia di avere un impatto anche sul processo di nomina della nuova Commissione europea, anche se è molto chiaro che si tratta di una polemica strumentale visto che Teresa Ribera non ha competenze in materia di emergenza e protezione civile. È sì competente per la “Confederacion idrologica del Jucar”, che pero non ha alcuna responsabilità di lanciare allarmi, ma solo di misurare quanta pioggia cade e trasmettere i dati, cosa che è stata fatta.

Ma perché Mazon e il suo neo-eletto governo di destra e alleato di Vox non hanno reagito alle insistenti comunicazioni del servizio meteorologico in particolare l’allerta rossa data nella mattina del 29 ottobre? E perché tante vittime? Senza volere fare inopportune dietrologie, è un fatto che Mazon e Vox hanno basato la loro propaganda elettorale, tra le altre cose, contro le politiche molto “verdi” della precedente amministrazione ecologista e di sinistra, accusata di “ecologia punitiva” e hanno subito smontato il servizio di emergenza messo in piedi dal precedente governo, sottovalutando fin da subito i segnali del servizio meteo spagnolo, proprio perché non credono all’emergenza climatica. Esiste poi una totale sfiducia nei confronti del governo centrale, visto come l’origine di tutti i mali, cosa che ha ostacolato il coordinamento e ritardato i soccorsi; inoltre, nonostante la regione di Valencia non sia assolutamente nuova a fenomeni alluvionali anche gravi, l’ultimo nel 2017, la popolazione non è attrezzata e informata su cosa fare in caso di allerta rossa, per esempio non mettersi in macchina. E comunque in questo caso specifico, non aveva alcun modo di sapere che cosa stava succedendo perché l’allerta è arrivata sui loro telefoni quando molti erano già affogati.  E cosi, mentre pochi giorni prima tutti i media mondiali ci facevano vivere minuto per minuto gli uragani Helena e Milton negli USA, siamo stati tutti, compresi purtroppo i Valenziani, colti di “sorpresa” dalla forza distruttiva della Dana.  Ciò evidenzia l’urgente necessità di migliorare i sistemi di allarme rapido e di azione tempestiva, fondamentali per garantire che le persone non siano in pericolo, ma anche un’azione di educazione e sensibilizzazione della popolazione.

Ma ci sono anche ragioni strutturali e politiche che spiegano l’accaduto e che parlano anche a noi italiani: una è sicuramente lo sviluppo urbanistico massiccio, disordinato, incurante degli effetti sugli ecosistemi della costa mediterranea spagnola, una delle aree più densamente popolate e turistiche del Paese, dove da decenni (come in Italia peraltro) si costruisce in zone a rischio di inondazioni[3]. Sviluppo urbanistico che, è importante sottolinearlo, è stato alla base del successo o dell’insuccesso di molti politici. Già nell’ottobre del 2007 l’allora ministra socialista dell’Ambiente, Cristina Narbona, avvertiva, dopo i danni ingenti di un’alluvione ad Alicante, dei pericoli di costruire intensamente in zone inondabili, mentre i politici locali insistevano che si trattava di un problema di pulizia dei corsi d’acqua; non è stato un caso che, alle elezioni successive, la Ministra non venisse confermata: il tema urbanistico è ancora oggi tra i più politicamente sensibili in quella regione.

Il dramma di Valencia ci conferma comunque che esiste un legame fra la dimensione dei danni ed effetti del clima sregolato, l’eco-scetticismo e la scarsa priorità data politiche climatiche, in particolare rispetto alla riduzione delle emissioni, agli ingenti investimenti necessari per la transizione verso un mondo senza fossili e alle misure che è urgente prendere per cercare di adattarsi a fenomeni ormai frequenti come siccità o gravi inondazioni: e su questo ultimo punto, è necessario rendersi conto che se non fermiamo l’aumento delle emissioni e quindi delle temperature, verrà il momento che “adattarsi” sarà impossibile: non ci sarà infatti diga o tecnologia che tenga in un mondo a +3°.


[1] Questa violenta offensiva ha contribuito a portare il Gruppo socialista a levare gli scudi contro Raffaele Fitto, non tanto per un giudizio negativo sulla sua persona, quanto sul significato politico di un incarico tanto prestigioso dato ad un esponente di un partito, ECR, che non fa parte dell’accordo che ha sostenuto la presidente von der Leyen, e sulla disinvoltura che il PPE ha dimostrato nel trovare alleanze con la destra ed estrema destra al PE in questi primi mesi della nuova legislatura.

[2] In pratica, durante l’estate, lungo il Mediterraneo, non piove per mesi: il terreno si indurisce e il mare diventa sempre più caldo. L’aria calda e umida si accumula sul Mar Mediterraneo e in autunno può succedere che l’aria più fredda in arrivo si scontri con l’aria più calda e dia vita a un acquazzone torrenziale. La differenza quest’anno è stato che in 8 ore è piovuta in alcune zone la quantità di pioggia di un anno: il doppio o il triplo della quantità di acqua piovuta in Germania o Belgio nel 2021 o in Europa centrale nel 2024, o per prendere un esempio più vicino a noi, circa 600 mm contro i 350 in Emilia Romagna. Per di più, il terreno arido non è stato in grado di assorbire l’acqua che scorreva formando gigantesche onde di fango che hanno trascinato detriti, case, persone con sé.

[3] Nella Comunità Valenciana abbondano i corsi d’acqua stagionali, solitamente asciutti ma soggetti a occasionali inondazioni, e sono stati costruiti in zone alluvionali  quartieri dove oggi vivono migliaia di persone.

Crediti foto di ål nik su Unsplash

  • Parlamentare europeo dal 1999 al 2009, è copresidente del Gruppo dei Verdi al Parlamento europeo. Nel 2010 ha co-fondato la "European Alliance to save Energy", della quale è l’attuale presidente.