A Dio piacendo, partiti dichiaratamente confessionali non ve ne sono e comunque nessuno si propone come tale. Più complessa, in Italia, la questione del rapporto tra i cattolici, la politica e i partiti. Per due note, peculiari ragioni storiche: la “questione romana” e la Democrazia cristiana con i suoi veri o presunti eredi-epigoni, decisamente minori che, per lo più, non hanno avuto vita lunga né grande fortuna. Ovvero un florilegio di sigle variamente evocatrici di quel partito a lungo maggioritario nel primo tempo della Repubblica.

Di recente, taluni esponenti del Partito Popolare fondato da Martinazzoli poi confluiti nel PD hanno preso parola paventando che esso, impegnato nel suo travagliato processo congressuale, possa mutare natura, misconoscere il pluralismo delle sue culture ispiratrici e costituenti e, segnatamente, assumere un profilo identitario problematico ai loro occhi. Ci sta. È una preoccupazione legittima nel quadro di un delicato passaggio teso a ripensare le basi ideologiche del PD. Ma è utile sgombrare il campo da taluni equivoci, assicurarsi che il problema sia ben posto. Per le ragioni accennate, nessuno, in sede politica e tantomeno partitica, si può intestare la rappresentanza organica del punto di vista cattolico. A motivo della autonomia-laicità della politica e del conseguente legittimo pluralismo delle opinioni tra i cattolici. Non lo si può fare nemmeno con riguardo alla più specifica cultura e tradizione cosiddetta cattolico-democratica, che è solo una parte del cattolicesimo politico, anch’essa suscettibile di diverse trascrizioni/declinazioni politiche. Del resto, persino tra gli stessi ex esponenti del menzionato Partito Popolare, come è noto, si rinvengono posizioni diverse dentro il confronto congressuale PD. Salvo intendersi sul paradigma della cultura cattolico-democratica ci pare una forzatura interpretarlo come incline a tradursi in posizioni connotate dal moderatismo. O comunque, per definizione, incompatibili con una politica di sinistra. Nel suddetto dibattito congressuale del PD, si è registrata una convergenza a mio avviso innaturale tra i suddetti ex Popolari e i liberali ex Ds attivatisi dentro il Comitato chiamato ad aggiornare la Carta dei valori del PD. Una convergenza che si può spiegare proprio e solo intorno al moderatismo ovvero all’idea di un PD inteso quale partito di centro e non di sinistra. Non sul piano ideologico-culturale, ove semmai i punti di contrasto largamente dovrebbero prevalere. Qualche esempio: la forma partito, il modello istituzionale, la sensibilità sociale, il rapporto tra Stato e mercato, le questioni bioetiche, la pace e la guerra. Soprattutto il giudizio sul capitalismo e i costi della globalizzazione. Sicuri che i cattolici democratici la pensino come quelli della “sinistra liberale” (a ben vedere più liberale che sinistra) sulle questioni che più contano? Se consideriamo quanto sia diversa la temperie politico-culturale oggi rispetto al tempo in cui nacque il PD ci sarebbe semmai da attendersi che siano i cattolici democratici a pretendere una sensibile correzione di rotta (a sinistra?) rispetto all’originario impianto veltroniano del Lingotto. Ripeto: nessun politico può impancarsi a privilegiato interprete di una ispirazione cristiana. Certo, il Papa ha qualche titolo in più al riguardo. E il magistero di Francesco, ma, a ben vedere, lo stesso tradizionale insegnamento sociale della Chiesa non vanno esattamente nella direzione di un moderatismo centrista. Infine, per stare al concreto, il divorzio del PD dai ceti popolari, il suo profilo percepito come “ministeriale” e schiacciato sull’establishment, la sua distanza dai “forgotten men” della modernizzazione dovrebbero semmai condurre a politiche audacemente tese a contrastare le disuguaglianze. Se poi a fare problema alle anime sensibili fosse la parola sinistra, la si chiami Pippo. Importa la sostanza.

 

  • Franco Monaco

    Pubblicista, già presidente dell’associazione «Città dell’uomo» e parlamentare della Repubblica; fa parte del gruppo di coordinamento della rivista web Appunti di cultura e politica.