Lo scorso 4 settembre Leone XIV ha incontrato il presidente israeliano Herzog. Per intenderci lo stesso che non aveva voluto incontrare Francesco neanche da morto, presenziando ai funerali in San Pietro, e che aveva ordinato agli ambasciatori israeliani di ritirare i messaggi – formali – di cordoglio. E che il 15 ottobre 2023, a ridosso della ferocia terrorista di Hamas del 7 ottobre, rispondendo ad un giornalista, dichiarava che “a Gaza non ci sono civili innocenti”, tanto per anticipare l’approccio al “lavoro” di “legittima difesa” che Israele si apprestava a fare a Gaza. Né due anni di stragi di donne e bambini, denunciate da Mattarella quest’estate, gli hanno evidentemente fatto cambiare idea, fino al punto di rincrescersi in un lungo post del primo agosto di quest’anno delle dichiarazioni del suo “amico” Mattarella sulla disumanità indiscriminata, nei suoi eccessi fuori dal diritto umanitario e internazionale, della pur legittima risposta di Tel Aviv all’attacco di Hamas. E da avere la spudoratezza di sostenere che “Israele non ha l’intenzione di uccidere indiscriminatamente”. Un’affermazione che solo una servile condiscendenza può tenere anche solo per udibile davanti alle immagini strazianti che si sono viste sugli schermi e sui social per due anni.

Non nascondiamo che l’incontro è stato “franco”

Come c’era da aspettarsi, sulla stessa linea di spudoratezza narrativa sulla realtà, anche dei rapporti personali in essere, uscito dal colloquio con Leone XIV, Herzog ha raccontato di un incontro “caloroso”, il cui punto fermo sarebbe stata la condanna del terrorismo e la necessità della sicurezza di Israele. Se si aggiunge che era stata fatta filtrare la notizia, contraria ad ogni prassi, che era stato il Papa a chiedere l’incontro, e non a concedere udienza su richiesta israeliana, si capisce perché ad alcuni è sembrato persino inopportuno – ed un arretramento sulla linea di Francesco che telefonava ogni sera a padre Gabriel Romanelli,  parroco della Chiesa della Sacra famiglia a Gaza – l’incontro tra Leone ed Herzog, finanche la concessione dell’udienza ad un responsabile in solido con Netanyahu di un genocidio programmatico dei gazawi, come è evidente ormai con l’ingresso dei carri armati israeliani a Gaza City.

C’è voluto un comunicato ufficiale della Santa Sede per far capire che l’incontro, più che “caloroso”, era stato piuttosto “caldo”: in linguaggio diplomatico si direbbe “franco”, e probabilmente neanche tanto cordiale. Ad Herzog, nell’incontro concesso e non richiesto, è stata rappresentata la «tragica situazione» di Gaza, il destino degli ostaggi, di cui poco cale a Netanyahu e presumibilmente allo stesso Herzog, la tutela delle comunità cristiane in Terrasanta (tra cui quella cannoneggiata a Gaza) e in tutto il Medio Oriente, la soluzione dei due Stati, l’unica possibile per la Santa Sede per arrivare alla pace, la garanzia di un futuro per il popolo palestinese. Insomma, l’intero indice delle insolvenze politiche, morali e umanitarie del governo Netanyahu, cui il presidente Herzog dà ogni volta che può la sua copertura istituzionale.

Un incontro chiaramente di natura politico-istituzionale volto anche a tenere un canale di comunicazione con Tel Aviv dopo il cannoneggiamento della Chiesa della Sacra Famiglia e l’evidente via libera di Trump a “finire il lavoro” a Gaza, cui l’Unione europea oppone la vuota retorica dell’impotenza.

Francesco e Leone: differenza di stile, medesimo contenuto

Certo, Leone XIV ha fatto “politica” in modo meno “argentino” di Francesco, ma non meno sostanziale nei contenuti di rifiuto della tragedia umana, politica, morale fuori controllo in Palestina. E personalmente non vedo alcuna caduta di “profezia” nella postura, certamente diversa da Francesco sul piano comunicativo, di Leone XIV. Senza il cui consenso e il cui avallo il rifiuto del patriarca Pizzaballa di obbedire alle ingiunzioni israeliane di far lasciare alla sua comunità e ai suoi religiosi la parrocchia della Sacra Famiglia per consentire la “bonifica” di ogni traccia palestinese anche nei luoghi di culto a Gaza da parte dell’esercito di Israele, non sarebbe stato possibile. Un rifiuto disponibile fino al “martirio” delle suore e dei sacerdoti lì impegnati insieme ai loro malati e assistiti intrasportabili, animato dalla forza del NO della profezia, che non arretra davanti all’ingiustizia del male fino all’estremo sacrificio.

Anche se in modo meno “populista” di Francesco, Leone XIV è ben conscio che la Chiesa istituzione per non svilire la sua presenza nel mondo al chiuso delle sue mura non può fare a meno della profezia, anche quando fa “politica”, quando è stretta e costretta alle necessità del “temporalismo”, dello stare tra i tempi, per non cedervi l’anima. E questa profezia oggi è profezia della pace, “disarmata e disarmante”. Come Leone XIV ha voluto darvi figura e indirizzo mettendola al primo posto della sua agenda già nel suo discorso di “insediamento” l’otto maggio di questo anno dopo l’Habemus Papam, richiamandosi esplicitamente a Francesco. Evangelo della prima necessità di un mondo nel pieno della terza guerra mondiale, ben al di là dei suoi pezzi e bocconi divinati dal Papa venuto dalla “fine del mondo”, da ultimo ribadito da papa Prevost nel discorso il 12 settembre ai partecipanti al III World Meeting On Human Fraternity a Roma. La profezia della pace al dettaglio nella vita di ogni singolo uomo nella dignità del lavoro: la necessità di sottrarre la condizione umana al patronato oligarchico di Mammona sempre più drammatico nella tecno-economia finanziaria servoassistita da un IA nelle mani dei grandi baroni del web in network con le grandi autocrazie, anche quelle di rito liberaldemocratico.

E se è populismo “lo stiamo freschi”, se le mire dell’uomo si riducono a farsi trilionari, mentre aumentano in modo spaventoso le disparità di reddito anche in quelle che avevano conosciuto il Welfare, oggi proprio per questo al fallimento – “Musk trilionario è il sintomo che siamo nei guai…”, ha dichiarato alla giornalista americana Elise Ann Allen –, ben venga il populismo. Talora è il modo di far capire a tutti quello che i “chierici” – le élites al potere, quando almeno ragionano nei vari forum internazionali – sanno, ma che poco fanno per porvi riparo, limitandosi per lo più a staccare il proprio mal guadagnato dividendo di potere e di ricchezza.

Crediti foto: Edgar Beltrán, The PillarCC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

  • Eugenio Mazzarella

    Emerito di Filosofia Teoretica all’Università Federico II. Tra le sue pubblicazioni: "L’uomo che deve rimanere. La smoralizzazione del mondo" (2017), "Il mondo nell’abisso. Heidegger e i Quaderni Neri" (2018), "Perché i poeti. La parola necessaria" (2020), "Colpa e tempo. Un esercizio di matematica esistenziale" (2022), "Europa, Cristianesimo, Geopolitica. Il ruolo geopolitico dello 'spazio' cristiano" (2022).