Ricorre quest’anno l’ottantesimo anniversario della Liberazione, di quel 25 aprile che ha segnato un passaggio decisivo nella storia del nostro Paese, con la definitiva caduta del fascismo e la successiva nascita della nuova Italia repubblicana e democratica. Doveroso dunque coltivare la memoria e tornare a quelle stagioni “costituenti” il cui avvio va ricondotto all’8 settembre del 1943.
Il disfacimento dello Stato monarchico, dopo il crollo del regime fascista
Anche questa una data periodizzante, il momento in cui tutto ha inizio col passaggio dall’antifascismo cospirativo del Ventennio alla Resistenza organizzata in formazioni militari che fanno riferimento a partiti impegnati nella elaborazione di progetti in campo istituzionale, politico sociale. Le vicende sono note: con l’armistizio di Cassibile sottoscritto il 3 settembre dal governo Badoglio e reso noto l’8 attraverso i microfoni dell’Eiar, prende corpo il processo che vede l’Italia alleata agli angloamericani contro la Germania nazista; nella notte il re e tutta la Real Casa, Badoglio e gli alti comandi fuggono ignominiosamente prima a Pescara e poi a Brindisi, lasciando il Paese nel caos e l’esercito abbandonato a se stesso. Privo di qualsiasi indicazione, se non quella ambigua e disfattista di “reagire ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza” – così si conclude il proclama di Badoglio –, in balia dell’occupazione tedesca da tempo preordinata, l’esercito va incontro al proprio disfacimento, con decine di migliaia soldati e ufficiali sottoposti ad un giogo inesorabile. Molti si disperdono alla ricerca di possibili rifugi, oltre 600.000 finiscono nei lager nazisti, prigionieri e internati, poi in stragrande maggioranza resistenti: “l’altra Resistenza”, “senz’armi”, di “sopravvivenza”. Circa 80.000 prigionieri alleati nella situazione di totale sbando che si è creata evadono dalle decine di campi di concentramento insediati nel Paese. Oltre la metà riesce a sottrarsi alla cattura, a rifugiarsi in Svizzera, a trovare riparo al Sud; in parte entrano nelle formazioni partigiane o si nascondono presso famiglie nel territorio, là dove sono stati detenuti e soprattutto nelle campagne.
Salò e la rinascita avviata dalla Resistenza
Il 23 settembre del 1943 nasce la neofascista repubblica di Salò in totale dipendenza dalle gerarchie naziste, uno Stato fantoccio e collaborazionista. Ha inizio una feroce attività di repressione che alla lotta armata contro le “bande”, fra devastazioni e orrori, si accompagna ad una vera e propria guerra ai civili. È il momento della “scelta”, dell’autonomia di giudizio, del coraggio o della codardia, del tirare a campare o dello schierarsi. E accade per i soldati un fenomeno rivelatore di quella “minoranza di massa” che, a fronte di un decreto di Salò teso a comminare la pena di morte o la deportazione in Germania nei confronti di chi, in qualsiasi modo, protegga gli sbandati, mette in atto una serie di iniziative di solidarietà e di sostegno volte ad assicurare loro sopravvivenza e salvezza attraverso pratiche le più disparate. Il fascismo ha sì goduto di un vasto consenso, seppure connotato da gradazioni diverse, ma adesso emerge quella parte di popolazione, senza che nulla si debba concedere al mito degli “italiani brava gente”, che, per istinto o convinzione, si schiera pur senza ricorrere alle armi e decide di fare la propria parte. Come innumerevoli testimonianze e ricerche storiche hanno documentato, sono soprattutto le donne in prima fila: una sorta di maternage il loro, una Resistenza civile, spontanea, non armata, che offre cibo, vestiario e soccorso. Storie di figure anonime che agiscono con generosità e slancio pur in assenza di precise direttive volte ad orientare i comportamenti.
L’8 settembre “la morte della patria”, la crisi definitiva dell’idea di nazione di ascendenza risorgimentale e poi deformata dal nazionalismo fascista, o non piuttosto il momento di un sussulto, la genesi di una rinnovata identità nazionale, di una nuova idea di patria? La risposta all’interrogativo non può che procedere da ciò che l’8 settembre effettivamente è stato: il momento della verità, nel quale si tratta di stabilire chi è il nemico, da che parte stare, in quale Italia riconoscersi. Ed è la Resistenza, oltre le differenze ideologiche e al di là dell’appartenenza di campo delle diverse forze politiche – l’Occidente democratico o la Russia sovietica – a dare questa risposta.
Crediti foto Unknown author., Public domain, via Wikimedia Commons – [Il generale italiano Castellano stringe la mano al generale statunitense Eisenhower dopo la firma dell’armistizio.]