Un tempo, il sindacalismo confederale – Cgil, Cisl e Uil – era il simbolo della lotta, della giustizia, della solidarietà. Oggi, per molti, il sindacato è solo una sigla lontana, burocratica, a volte persino autoreferenziale. Da vecchio iscritto alla Cisl non posso fare a meno di chiedermi: come siamo arrivati a questo punto? E cosa racconta questo cambiamento sulla società in cui viviamo?

Lavoratori senza rappresentanza

Il lavoro è cambiato. È diventato frammentato, incerto, spesso solitario. Freelance, rider, partite Iva, contratti a tempo… Anche il lavoro taylorista in linea, “gomito a gomito”, è mutato grazie alle innovazioni tecnologiche e alla contrattazione integrativa. La figura classica del lavoratore che scende in piazza o sciopera con i colleghi è sempre più rara.

E il sindacato? Spesso non riesce a intercettare chi lavora nel digitale, nei servizi, nella gig economy. I più giovani lo vedono come un’entità distante, più legata al passato che al presente.

Il vero problema, però, non è solo organizzativo o numerico. È simbolico. I sindacati non rappresentano più l’idea di forza collettiva, di giustizia sociale. La retorica dell’individualismo ha preso il posto di quella della solidarietà. Anche a livello mediatico e politico, la loro voce conta sempre meno. Non sono più accompagnati come un tempo da un gruppo di intellettuali che li aiutano a elaborare posizioni innovative e a creare le condizioni di un “potere contro potere”, come titolava la relazione e lo slogan di un Congresso della Cisl alla fine degli anni ’60.

Un tempo i sindacati erano attori centrali nel dibattito pubblico. Oggi le loro mobilitazioni fanno meno rumore, hanno meno impatto. La loro immagine di soggetti combattivi ha lasciato spazio a quella di figure integrate nel sistema.

Il caso Sbarra: premio o mossa politica?

Un esempio concreto? La nomina di Luigi Sbarra, ex segretario generale della Cisl, a sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Sud da parte del governo Meloni.

Per alcuni è un segnale positivo: finalmente un sindacalista al governo. Per altri è il segno di una crisi profonda dell’autonomia sindacale. Sbarra è stato “ricompensato” per il suo atteggiamento dialogante con l’esecutivo? Oppure, come è più probabile, è una mossa studiata e praticata dal presidente del consiglio Meloni per dividere in modo irreversibile le confederazioni sindacali, realizzando quello che non era riuscito a Berlusconi.

La verità, forse, sta nel mezzo. Ma di sicuro è un segnale forte. E per qualcuno, preoccupante.

I sindacati non possono distinguersi attraverso i vecchi paradigmi novecenteschi: La Cgil più a sinistra, la Cisl più autonoma o centrista, la Uil come riformista moderata, anche perché oggi queste etichette applicate al sindacato sembrano sfocate e incapaci di descrive l’attuale situazione sindacale.

Sono convinto che la nomina di un ex segretario generale della Cisl in un governo di centro-destra e l’apprezzamento entusiastico della nuova segretaria generale Daniela Fumarola segni un cambiamento culturale molto profondo. L’autonoma soggettività politica del sindacato diventa più fluida, si mescola, viene contaminata da una parte dello schieramento politico, come è successo anche con la proposizione dei referendum da parte della Cgil. In questo nuovo contesto, anche il concetto di “partecipazione” cambia: è davvero inclusione o diventa strategia di potere?

Verità e propaganda

Altro tema chiave su cui il sindacato dovrebbe misurarsi con proposte innovative ed evidenziare la realtà è la narrazione economica del Governo. Cresce il Pil? Cala la disoccupazione? I numeri dicono sempre qualcosa, ma non tutto. La verità economica è spesso una mezza verità. Attualmente, a mio parere, sembra che ogni narrazione – quella del governo, dell’opposizione, del sindacato – siano molto parziali e orientate al consenso elettorale più che alla realtà. A volte una verità interessata, ripetuta troppe volte, rischia di diventare menzogna.

Il fatto che Sbarra sia “uomo del Sud” viene presentato come segnale positivo. Ma rischia anche di essere un’etichetta funzionale, utile per costruire un’immagine, più che un reale cambio di rotta. Il Sud, come la partecipazione, non può essere solo uno slogan. Va costruita nel tempo, con politiche coerenti, inclusive, concrete. Altrimenti resta solo una retorica vuota.

Lo scenario globale non aiuta. Siamo dentro una “policrisi”: guerre, instabilità geopolitica, crisi ecologica, sfiducia nella democrazia. Le istituzioni internazionali perdono forza, il linguaggio del potere prende il sopravvento su quello del dialogo.  

Anche all’interno delle democrazie occidentali, cresce la tentazione dell’autoritarismo.

Cosa potrebbe fare il sindacato

E in tutto questo, il sindacato – come corpo intermedio – dovrebbe essere uno spazio di difesa democratica. Ma per farlo deve cambiare, rinnovarsi, rigenerarsi.

Cosa può fare il sindacato oggi?

  • Destrutturarsi: meno burocrazia, più agilità.
  • Ascoltare e cercare di rappresentare il nuovo lavoro: chi è precario, digitale, invisibile.
  • Aprirsi al digitale: contrattare l’uso delle tecnologie per includere, non per rafforzare le élite.
  • Ripensare la rappresentanza: renderla più partecipata, più flessibile, più vera.: più democrazia interna e costante difesa del modello democratico contrastando l’avanzata dell’autoritarismo.
  • Agire uniti: da giovane sindacalista sono stato affascinato dall’idea che Cgil, Cisl e Uil dovessero perseguire l’unità organica, oggi mi accontenterei di una vera unità d’azione, come diceva Giulio Pastore: “Marciare divisi, colpire uniti”.

Oggi più che mai servono risposte comuni, davanti alla molteplicità delle crisi che attraversano il mondo, di fronte alla policrisi che rischia di aumentare le disuguaglianze, accrescere il potere e il danaro dei ricchi, modificare sostanzialmente il Welfare e inibire la democratizzazione del capitalismo, accentuare il bellicismo, marginalizzare i discorsi intrecciati sulla pace e sulla salvaguardia della terra intesa come casa comune.

Per tornare ad essere credibile, il sindacato deve recuperare la sua funzione storica: essere lo spazio dove il lavoro si riconosce, si organizza, si difende. Dove si uniscono voce, dignità e speranza. Non è facile. Ma è necessario.

Crediti foto : LBM1948CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

  • Savino Pezzotta

    Già Segretario generale della CISL dal 2000 al 2006 e deputato dal 2008 al 2013