Qualche malignazzo, arrotino di parole e coltelli, lo ha soprannominato Tarzan. Come il re della foresta e delle scimmie, creato dalla penna dello scrittore statunitense Edgar Rice Burroughs, cresciuto libero e green, in armonia con l’ambiente selvatico africano. Ma l’ex ministro Gennaro Sangiuliano, perché di lui si tratta, non ha alcuna similarità fisica né biografica con quell’eroe pulp, letterario e cinematografico, che peraltro vantava natali aristocratici dalla parte del padre (era figlio del lord inglese John Clayton Greystoke), mentre la madre poverella fu abbandonata dall’equipaggio di una nave in rivolta sulle coste del continente nero. E allora perché questo epiteto affibbiatogli con feroce perfidia? Perché l’ex ministro Sangiuliano – relata refero – era solito con la straordinaria agilità di un trapezista volteggiare da una forza politica all’altra come se usasse le liane. Siamo sì o non un popolo di trasformisti, di camaleonti, di “razza poltrona”, di surfisti di terra? Cavalcare l’onda è sempre “fico”. Ciò non bastasse, la carne è debole quanto il pensiero, Gianni Vattimo permettendo. Gli esseri umani sono mossi da passioni primordiali (cupidigia, vanità, beni materialissimi…). “Cchiù pilu pi’ tutti” era la promessa elettorale di Cetto LaQualunque, la maschera di Antonio Albanese, il comico più politicamente scorretto che evidentemente non si riferiva al prodotto interno lordo. Tradotto brutalmente: più donne per tutti, questo il senso dello slogan sovranista.

Giornalista, saggista di storia (quattro volumi biografici su Putin, H. Clinton, Trump e Xi Jinping, mica carneadi, tutti per i tipi di Mondadori) Gennaro Sangiuliano non è uno che vuol passare inosservato, anzi ama la vetrina, l’auto-esposizione. Ve lo ricordate quando era direttore del Tg2, prima della nomina a ministro? Una sera sì e l’altra pure si imponeva tra gli ospiti in studio del Post di approfondimento condotto da Manuela Moreno. Per carità, legittima la sua presenza, ma sempre con quell’aria da domatore più che da moderatore del dibattito, perché le opinioni possono essere diverse, ma la verità rimane sempre una sola, la nostra.

Sangiuliano detto Tarzan, si diceva. Semplicemente Genny per gli intimi. Solo che l’ultima volta ha sbagliato i sincronismi aereo-acrobatici e si è schiantato contro il fusto duro di uno scandalo che ha attizzato il gossip nel sottofinale di una lunga estate calda. La vicenda è cronaca ancora fresca di giornata che infervora il chiacchiericcio tra parlamento, salotti e bar. Un umanissimo rapporto di lavoro intrecciato con una liaison sentimentale. Amici, complici e amanti. Da una parte, il ministro servitore dello Stato nel pieno delle sue funzioni, noto gaffeur e collezionista di topiche, artefice orgoglioso di una mostra su Tolkien, operazione identitaria della destra meloniana, dall’altra Maria Rosaria Boccia, imprenditrice di Pompei e influencer con stuolo di follower, sfere di interesse che abbracciano moda, medicina estetica (il fashion!) e politica – il sapere è sempre enciclopedico come l’ignoranza -, due lauree in bacheca, una in Economia aziendale presso l’Università degli Studi di Napoli Parthenope e l’altra in Management all’Università telematica Pegaso. Lei posta su Instagram di essere stata nominata “consulente per i grandi eventi” del Ministero della cultura, lui smentisce, lei ribatte producendo documenti, anche riservati, che comprovano, lui si fa intervistare in lacrime e in diretta al Tg1, pura gogna mediatica, in cui ammette la relazione extra-coniugale e nega di aver scialato denaro pubblico. In breve, un polverone. Seguono dimissioni, indagini della magistratura, della Corte dei Conti, mentre si alimentano le ombre di sospetti e ricatti, perché la dietrologia è sempre dietro l’angolo.

Che dire? È solo l’ultima puntata della eterna saga della politica sotto le lenzuola che contempla sesso ed eccesso (di potere). Un filone che scorre ininterrottamente dal colpo di fulmine tra Antonio e Cleopatra a Berlusconi, il Supermaschio che sarebbe piaciuto al patafisico Alfred Jarry e che ha sdoganato tutto. La Storia avanza ripetendosi come un sistema periodico che accumula errori ed orrori. La Storia è elicoidale, diceva Ennio Flaiano, ruota attorno ad un’asse e produce movimento. Per commentare il fatto di cronaca qualcuno ha evocato la pochade, quella commedia francese che coniuga farsa e un pizzico di spezia piccante. Nella fattispecie, solo una questione di corna con l’aggravante di una condotta politica maldestra. Siamo non a caso il Paese del melodramma, siamo refrattari alla tragedia (che prevede la catarsi), optiamo sempre per il patetico.

Si racconta che il pittore Oskar Kokoschka, innamorato perso di Alma Mahler e poi rifiutato, si fece costruire una bambola di grandezza naturale fatta a immagine e somiglianza della donna. La portava sempre con sé, anche al ristorante, dove faceva apparecchiare anche per lei. Poi un giorno durante una festa la decapitò. Gli abbandoni causano sempre disperazione e gesti estremi. Non è il caso di Gennaro Sangiuliano. L’ex ministro ha detto ai giornali: “Ho bisogno di stare accanto a mia moglie che amo”. Te pareva. Anche qui niente di nuovo, un topos della narrativa rosa. Come ha riferito la stampa, i due coniugi sono stati avvistati a Greccio in visita all’eremo francescano nel cui refettorio si trova un affresco con una scritta in latino: Silentium. Già, il silenzio è d’oro. Un happy end tranquillizzante, che forse funge da palliativo per il governo che predica la trinità Dio patria e famiglia, ma poi applica una morale con le deroghe ad personam, nell’attesa che prima o poi si ridia fiato ad una vera politica della dignità per uscire dalla lunga notte di questo Paese. Non è dato sapere se Sangiuliano sia un lettore di Beckett. Il grande drammaturgo irlandese sosteneva che ci sono alcuni silenzi che fanno rumore.

Crediti immagine: Numa Pictures, Public domain, via Wikimedia Commons

  • Nino Dolfo

    Nino Dolfo è stato docente di materie letterarie negli istituti superiori. Dagli anni Settanta è iniziata la sua attività di giornalista pubblicistica, come critico cinematografico e cronista di cultura. Collabora con il Corriere della Sera.