Che il cardinal Ruini non ci amasse lo sapevamo già. Ora in una lunga intervista («Corriere della sera», 28 settembre) in cui ci fa sapere della sua benevolenza per Meloni, egli torna sul concetto dell’esaurimento della spinta di quel gruppo che «ama fregiarsi» del titolo di cattolicesimo democratico, che non coinciderebbe con «tutti i cattolici, me compreso, che sono in favore della democrazia». Rassicuriamo il cardinale, non vogliamo esorbitare in nessun modo dalla consapevolezza di essere solo una parte del grande mondo cattolico, una parte che sicuramente non è maggioritaria. Sappiamo che sono sempre esistiti ed ancora esistono cattolici orgogliosamente moderati, cattolici sinceramente conservatori, qualche cattolico addirittura reazionario (in senso tecnico, che vuol reagire contro l’evoluzione dei tempi). E non stentiamo a credere che anche (molti tra i, forse non tutti i…) cattolici moderati e conservatori amino la democrazia. Almeno come regime politico aperto e libero, costituzionale, in cui viga la separazione dei poteri e la garanzia dei diritti, come dicevano i costituenti francesi del 1789, e in cui il popolo possa giudicare i governanti una volta ogni tanto.

Sempre a scanso di equivoci, consideriamo invece come ci sia stata una ben precisa radice storica nell’esperienza dei credenti in politica, che ha inteso assumere il termine «democratico» in modo più sostanziale. La democrazia nasce infatti nell’Ottocento precisamente contro il liberalismo. Contro una politica pluralistica e libera, ma notabiliare ed élitaria. Semplicemente in nome della volontà di affermare le istanze dei non privilegiati, degli ultimi, delle classi popolari. Ecco perché il cattolicesimo democratico si è voluto distinguere fin dall’inizio dal cattolicesimo liberale (che oggi chiameremmo certamente democratico in senso ampio), per una concezione di politica fortemente indirizzata da questa istanza di democrazia sostanziale. Ecco perché il cattolicesimo democratico si è intrecciato invece con il cattolicesimo sociale, che aveva le stesse esigenze di riferimento alle lotte dei diseredati, ma in linea di massima portava una minore consapevolezza della laicità e dell’importanza della politica, rispetto all’azione sociale (sappiamo che una certa logica dell’azione sociale cattolica portava il primato del sociale fino a rivendicare la possibilità per la società di riformarsi da sé, prescindendo dalla politica, considerata come il regno della divisione e della corruzione). Questa storia ha portato a tanti contributi, tante ricerche, qualche successo, molte delusioni… Democrazia e liberalismo nel corso del tempo si sono fusi profondamente, ma non si è tolto affatto spazio per una logica in cui si poteva essere democratici in modi diversi. La logica della democrazia intesa in senso sostanziale ha ispirato molti credenti conducendoli ad affrontare le novità e le emergenze storiche a modo loro, con questa spinta per l’uguaglianza e la giustizia presa sul serio.

Ecco perché noi rimaniamo legati a questo nome. Prendendolo laicamente, quindi ovviamente senza farne una ideologia. Prendendolo piuttosto come una ispirazione cultural-spiritual-politica che ancora ci dice qualcosa. Ci offre un metodo, nel senso della laicità della politica e dell’orientamento rispetto all’agenda dell’attualità. Vogliamo usare un’altra espressione desueta, che lo stesso cardinal Ruini usò qualche tempo fa (in una precedente intervista a Cazzullo del 2019 in cui aveva parlato bene di Salvini…)? Noi ci riconosceremmo propriamente anche nell’espressione di «cattolicesimo politico di sinistra». Che lui giudicava appunto in via di sparizione. Intendendo la sinistra appunto non come riferimento statico e immutabile, ma come istanza mutevole e progrediente di costruzione di assetti più avanzati nel senso della giustizia.

Salvo una precisazione: siamo ormai del tutto convinti che essere cattolico-democratici non vuol dire necessariamente puntare a una forma politica e organizzativa così definita, cioè ancora una volta a un utilizzo politico del nome cattolico. Anzi, quei tempi sono tutti alle nostre spalle, e anche chi ancora oggi pensa generosamente a forme nuove di presenza identitaria secondo noi non coglie il segno dei tempi. In questo senso stretto, noi ci riteniamo oltre ogni forma di cattolicesimo politico. Il nostro riferimento ideale è infatti un modello di pensiero e di azione convinto e solido, senza ambiguità, che permette però di giocarsi poi nella vicenda quotidiana assieme ad altri, anche a chi la pensi in modo diverso sui fondamenti culturali e religiosi, ma condivida un pezzo di strada nei marosi della storia.

Siamo in esaurimento? Non sappiamo. Non ci rallegra il fatto che nemmeno il cattolicesimo politico di destra stia vivendo una sua florida stagione. Ma ci proviamo a continuare una strada, rilanciando anche online questa storica rivista, con l’ambizione di entrare nel dibattito pubblico portandoci dentro un punto di vista, una modalità di lettura della realtà, una istanza di cambiamento.

(Foto: archivio.quirinale.it)

  • Guido Formigoni

    Professore di Storia contemporanea e Prorettore vicario, Università IULM - Milano. Coordinatore della rivista web Appunti di cultura e politica.