Digital Twin (DT), il gemello digitale, non è il suggestivo titolo di un film o di un libro di fantascienza. È una realtà che sta segnando la rapida evoluzione delle tecnologie basate sull’Intelligenza Artificiale (IA). Ma procediamo per ordine.

La notizia è di questi giorni. L’Università di Genova, capofila di un ampio partenariato, ha lanciato il progetto Mnesys di neuroscienze e neurofarmacologia. Si metterà a punto una sensoristica in grado di studiare il funzionamento del cervello, sia in condizioni fisiologiche che patologiche, attraverso il Digital Brain Twin. Un gemello digitale del cervello che permetterà di avere sofisticati strumenti di simulazione per capire le malattie e meglio calibrare le terapie.

È una tappa avvincente del rapidissimo sviluppo delle tecnologie digitali in un orizzonte di applicazioni sempre più vasto. È un capitolo della storia delle “macchine senza corpo”, preconizzate da David Gelernter della Yale University in Mirror Worlds.

Il gemello digitale, attraverso un processo di simulazione, occuperà sempre più un ruolo preminente. Diversi gli interrogativi che implicano necessariamente il coinvolgimento di fondamentali principi bioetici e biopolitici. Ancor prima, antropologici.

Secondo un recente articolo di Forbes, l’economia globale del benessere si baserà sui costanti e significativi progressi dell’IA applicata in medicina e raggiungerà i 7 trilioni di dollari entro il 2025. In The Age of Scientific Wellness, edito da Harvard University Press e di prossima pubblicazione, si parla proprio di un approccio basato sulle misurazioni digitali della salute per valutare la fisiologia del corpo e progettare interventi personalizzati prima che la malattia si materializzi, “perché il futuro della medicina è personalizzato, predittivo, ricco di dati ed è nelle tue mani.”

Ma che cos’è il DT? È la rappresentazione virtuale di un oggetto o sistema fisico che può essere utilizzato per simulare e analizzare il suo comportamento in tempo reale. Sta riscuotendo un ampio interesse ed è sempre più adottato in una varietà di settori (produzione, infrastrutture, aerospaziale e automotive, edilizia…). Altri sono in rapida evoluzione con la individuazione di sempre nuovi usi. Tra questi, in notevole espansione, quello in campo sanitario (Health Digital Twin, HDT) che, nella simulazione di modelli, comprende e prevede sistemi biologici complessi.

Appena nel 2016, Bill Ruh, allora amministratore di Ge Digital, anticipava che in futuro “avremo un gemello digitale dalla nascita, che prenderà dati dai sensori di cui tutti saremo dotati e sarà in grado di fare previsioni su malattie come i tumori.” Infatti l’HDT è un modello del corpo umano che integra ogni  informazione medica rilevante, si aggiorna ad ogni esame e tiene anche in considerazione dati comportamentali e genetici. Si combinano le conoscenze scientificamente dimostrate con modellazione biofisica e informazioni ottenute dall’elaborazione dei dati (data fusion). In sintesi, l’HDT è la rappresentazione virtuale del gemello fisico (Physical Twin) da cui è generato.

Lo sviluppo dell’HDT si avvale dell’elevata potenza di calcolo e analisi di dati (input) di singoli pazienti con elaborazione di risposte (output) in tempo reale per una varietà di scopi (modellazione predittiva, medicina di precisione, medicina personalizzata, ecc.). I gemelli digitali vengono prodotti combinando dati provenienti da una serie di fonti, tra cui immagini mediche, cartelle cliniche elettroniche, biosensori. Si simula la situazione clinica della persona, consentendo agli operatori sanitari di testare, ad esempio, diverse opzioni di trattamento, determinare la migliore linea d’azione o mettere in essere una mirata prevenzione. Creando una rappresentazione virtuale di ogni paziente, combinando le informazioni provenienti dal gemello fisico anche con altri dati come lo stile di vita e le esposizioni ambientali, gli HDT hanno il potenziale di creare un profilo personalizzato in grado di indirizzare il trattamento medico e migliorare gli outcome di salute

Un settore rilevante, nonché decisamente problematico, è l’uso degli HDT in genetica. Con una modellazione predittiva, creando un gemello digitale del genoma di una persona, si può simulare e prevedere come potrebbe rispondere a diversi trattamenti, farmaci o fattori ambientali. Questo può aiutare a personalizzare il trattamento medico e migliorare i risultati. Le informazioni possono essere utilizzate per diagnosticare e monitorare la progressione delle malattie, prevedendo la probabilità di sviluppo in futuro. Altro utilizzo è per le sperimentazioni cliniche in cui i DT possono essere impiegati per identificare le persone che hanno maggiori probabilità di rispondere positivamente a un trattamento specifico, il che può aiutare a ottimizzare la progettazione delle sperimentazioni cliniche riducendo costi e tempi. Così per lo sviluppo di farmaci, simulando gli effetti di quelli nuovi, testandone l’efficacia e la sicurezza ancor prima di condurre studi clinici. Ma il ricorso al gemello digitale nella medicina predittiva non esclude problematici interrogativi, tra i quali il diritto di conoscere (Right to know) e il diritto di non conoscere (Right not to know), il diritto a un futuro non determinato (Right to an open future), il diritto alla riservatezza e alla privacy (Right to confidentiality and privacy).

Premesso che i DT avranno un ruolo sempre più importante nella medicina e sulle modalità in cui l’assistenza sanitaria sarà erogata e i pazienti curati, necessita affrontare alcuni e sostanziali quesiti bioetici. Tra questi, gli interrogativi sulla privacy, i pregiudizi e le discriminazioni, le conseguenze impreviste, la proprietà dei dati, la responsabilità per i risultati. Raccogliere, archiviare e lavorare grandi quantità di dati sensibili solleva interrogativi su chi ha accesso a queste informazioni e su come vengono utilizzate. Chi possiede i dati utilizzati per creare un gemello digitale? Chi ha e avrà il diritto di utilizzarli? Chi è responsabile dei risultati generati dai DT? Possono sorgere conflitti di interesse tra il gemello fisico e lo sfruttamento dei dati nel gemello digitale?

Ci sono princìpi bioetici e biopolitici di primaria importanza che devono essere presi in considerazione perché è significativo l’impatto sulla relazione di cura e sulla società.

Ne ricordiamo solo alcuni, quali ad esempio: il principio di trasparenza, di inclusione, di giustizia, di affidabilità, di sicurezza e di privacy. Nella raccolta preordinata di dati, personali e socio-ambientali, i DT potrebbero perpetuare o amplificare pregiudizi esistenti in un determinato contesto producendo risultati discriminatori. Così per quanto riguarda l’equità nell’accesso alla tecnologia e il riconoscimento della dignità umana. Il DT si pone a un livello molto elevato di complessità che richiede l’impiego di strumentazioni e personale di alta specializzazione, con un evidente aumento della competizione che potrebbe essere a vantaggio dei paesi più ricchi. Potrebbero essere privilegiate, altrettanto, solo determinate fasce sociali di persone contribuendo ad ampliare il divario nell’accesso. Inoltre, i sistemi di IA dovrebbero funzionare in modo da non arrecare danni (neminem laedere), tutelare la riservatezza, trattare le persone rispettandone l’autonomia con l’obbligo morale di agire a loro beneficio (principio di beneficenza).

Attualmente, i modelli di HDT sono appannaggio maggiormente di competenze specialistiche (cardiologia, nefrologia…). Una volta che il gemello digitale va oltre, verso un’interazione organo-organo e si apre a un livello corporeo sistemico, il grado di complessità di gestione viene notevolmente amplificato con ulteriori e nuovi orizzonti di responsabilità.

Altro problematico aspetto è quello inerente all’autonomia, linguaggio propriamente “antropocentrico”, che significa capacità di un agente di agire secondo valori morali. L’autonomia nella decisione, in un contesto assistenziale, si ottiene nella relazione di cura con il paziente attraverso l’incontro di una fiducia (del paziente) con una coscienza (del medico). Il paziente, così, può assumere una decisione informata e condivisa, auspicabilmente senza influenze di controllo. Il DT mette in discussione questi aspetti. Si passa da una relazione paziente-medico a quella gemello fisico-medico-gemello digitale. Nulla di nuovo potremmo dire, visto come già oggi molteplici sono le figure che intervengono nel processo assistenziale e decisionale. Ma la presenza di un gemello digitale e l’eccessivo affidamento nei suoi output potrebbe, inoltre, trasmettere un senso di sicurezza sia per il gemello fisico che per gli operatori sanitari. Fino a sfociare nell’uso strumentale del DT per la medicina difensiva.

Chiarito che il gemello digitale non è una rappresentazione antropomorfa del gemello fisico, si pongono, poi, ineludibili interrogativi che potremmo definire “ultimi”. La tecnologia ci richiederà di pensare oltre la morte del gemello fisico, perché il gemello digitale gli potrà “sopravvivere”. Chi governerà il gemello digitale dopo la morte del gemello fisico? Il gemello digitale può essere mantenuto “in vita” per scopi solidaristici, ad esempio nella ricerca sulla progressione di malattie o per migliorare le cure? Come garantire i diritti del gemello fisico e della sua famiglia dopo la morte? Come garantire che qualsiasi uso continuato del gemello digitale sia coerente con standard etici?

Sono queste sfide inedite per la bioetica e per la politica che, per quanto dovrebbe basare il suo agire sull’etica della convivenza, sembra accantonarle. Sono nuovi orizzonti che devono essere abitati con discernimento e non possono essere elusi secondo una improbabile visione tecnofobica.

La Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea (COMECE), nel Documento “Robotization of Life Ethics in View of New Challenges”, ricorda la necessità di un orientamento morale che massimizzi la sicurezza, protegga il bene comune e promuova i diritti umani. E ribadisce che “alla luce delle complesse considerazioni che la robotica pone di fronte all’umanità, le risposte semplici non sono utili. Non vi può essere alcuna accettazione incondizionata o entusiastica di queste nuove tecnologie, come non vi può essere un rifiuto categorico nei confronti delle stesse e di tutte le loro possibilità”.

 

 

Foto di Possessed Photography su Unsplash

  • Lucio Romano

    Medico Chirurgo e docente di Bioetica. Componente Comitato Scientifico “Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica”. Senatore della Repubblica nella XVII Legislatura. https://lucioromano.it